venerdì, luglio 28

(io mi sento) adattabile

(il titolo non è un granché, mi rendo conto. La Seconda Stagione, dato che non sono più io che guido il blog ma il blog che guida me, sta cominciando a dare dei problemi, soprattutto nella scelta dei titoli...)

Nei rapporti con gli altri, allo stato attuale delle cose, posso, con scarso margine di dubbio (anche se naturalmente solo dal mio interno punto di vista che di certo non sarà un granchè obiettivo) definirmi:
NON
Rancoroso
Facilmente deludibile
Piagnucoloso
Rinfacciatore
Stratega del senso di colpa
Predisposto all'amarezza se qualcosa non va (o soprattutto se le persone cambiano)

Ma semplicemente
barbaramente
naturalmente
eccezionalmente (nel bene e nel male)

adattabile.

Semplificando:
io penso che tu sia così e cosà
poi un giorno /un episodio /un evento
e scopro che in piccola o grande parte mi sbagliavo
dunque?
Ci rimango male, mi arrabbio, mi sento deluso, provo a farti tornare com'eri o come io pensavo che tu fossi?
No.
Mi adatto.
Sono l'irritazione dei nervosi,
la disgrazia dei vendicativi,
e il sogno bagnato di darwin.
La massima adattabilità.
Ecco come funziona, come funziono.
E' veramente, veramente difficile, che ci rimanga male per qualche cosa.
(anche perché ho la tendenza inarrestabile a mettermi nel punto di vista dell'altro, e quindi a giustificarlo con (forse troppa) facilità)
Dai, provaci a farmi male.
Sorprendimi.
Probabilmente lo apprezzerei (sarò mica masochista?)
Mi viene in mente Autumn Jones quando JD gli dice che quando scopa con lei pensa a Tempo, e lei dice Bravo, questa mi ha quasi fatto male.

La cosa divertente è che se dovessi scoprire che qualcuno in malafede ha cercato di fregarmi, di tradirmi, di mettermela in culo, (che ci sia riuscito o meno) probabilmente prima di incazzarmi penserei se l'ha fatto con stile. Se così fosse, lo apprezzerei molto, sul serio. (Anche se io stesso, tanto per cambiare, non so cosa intenda con "con stile").

(Ma anche qui, mi piacerebbe una volta tanto incazzarmi per bene e arrivare magari a fare a mazzate, che è una cosa che non ho mai fatto in vita mia. Mi incazzo davvero poco, in realtà).

Ma in fin dei conti, questa adattabilità è una cosa che mi piace quasi completamente, di me.
Fine.

Note tecniche: domani si parte con la famigliola per grado, quindi stasera vi siete beccati doppia razione ma non preoccupatevi che dopo ci sarà un po' di stop (ma tanto un internet point lo trovo, e voi bastardi vi voglio qui a leggere, altro che scuse tipo E' caldo o Sono al mare. E che cavolo. Ho sentito un Ma vaffanculo? Sarà stato il vento).
Non riuscirò a finire Viva! prima di partire per l'Olanda come invece avrei voluto, perché volevo creare un blog apposta per quando sono su. Sto pensando a come gestire la faccenda.

Ora mi metto a sentire Oceano, di De André.

ettonanoub idratsab

Rospi (la Volontà)

Ahia.
Mi sta cominciando a sorgere un dubbio: continuare a scrivere ciò che effettivamente ho in mente o trovare qualche argomento diciamo almeno attraente per chi volesse leggere? Mi rendo conto che: 1 parlo sempre delle stesse cose 2 parto senza avere in testa dove voglio arrivare. Quindi?
...
Ma che ci avete creduto? Ma scherziamo? Come sempre, parlerò delle stesse cose e senza sapere dove voglio arrivare! ...ma guarda un po' se uno non è libero di fare quello che gli pare, su un blog. Bastardi.
Dunque, rospi. No, non voi, Rospi è il tema del giorno, anzi, il piatto del giorno (oggi mi sono svegliato simpatico). Però, a guardarvi più da vicino, un po' rospetti siete...ok, ricominciamo.
Dunque, rospi, rospi.
In senso figurato, naturalmente. Allora, nei momenti in cui uno si sente inadeguato per qualcosa, qualsiasi cosa, quando si sente rospo (che racchiude in sè bruttezza e anche una certa stupidità, quindi mi pare ampio come simbolo, e comunque sono in fase quintorigo, quindi vi beccate il rospo) viene invitato a pensare a "chi sta peggio di lui". Questo in teoria dovrebbe avere potere confortante. Pensare a chi è meno intelligente, meno socievole, più sfigato, meno intraprendente, meno capace in quella cosa a cui tu tieni tanto, vestito peggio, più povero, più brutto, più malato. E l'idea è che tu ti fai questa ipotetica classifica mondiale delle persone e scopri che proprio ultimo non sei, magari non sei nella parte alta della classifica ma anche tu hai la tua dignità, come brillantezza, come fascino, come accattivanza sociale (ma si dice accattivanza?). Oh che bello.
A me, invece, questa storia mi fa incazzare. Per strani meccanismi se mi metto a pensare a questi altri ipotetici rospi più rospi di me, mi viene solo da arrabbiarmi perché evidentemente in quel momento non sto facendo abbastanza per emergere (nella Volontà io Credo), e pensando a questa ipotetica corte dei miracoli di "peggio messi di me" finisce che mi sento parte di loro, mentre io voglio emergere. E se non lo faccio, ritengo che sia questione di pigrizia, ovvero che dipenda quasi totalmente da me e solo in minima parte da cose che non posso controllare o accettare, e quindi, come armonica conclusione della faccenda, mi incazzo (nella Volontà io Credo, e in questo leggersi tutti quei johnatan steele non credo abbia aiutato).
A tale proposito, si potrebbe parlare della famosa serenità di Accettare Ciò Che Non Si Può Cambiare, filosofia sulla quale io nutro più dubbi che sull'inesistenza di dio. (e qui forse ri-c'entra il discorso sul controllo che facevo qualche (un?) post fa).
E sempre a tale proposito, mi inkavolo ulteriormente perché spesso non so crearmi le occasioni che vorrei, quando si presentano a volte non so sfruttarle (ma qui vado già meglio), e per finire di tutto ciò sono cosciente, ma mi riesce molto difficle cambiarmi (ma ancora più difficile accettarmi!).
Come fareeeeeemo? Morireeeeeemo...
(chi indovina la citazione? E' un cartone animato...)
Ah bastardi,
tanto per concludere:
sia chiaro che
non è per questo,
naturalmente,
che smetterò di scavare.
Su le maniche!

A presto, rane e rospi

martedì, luglio 25

In trentanove è già un problema

Bastardi, salve.
Ci sono amicizie, anzi, gruppi di persone, che funzionano (ovvero: che è piacevole starci) solo con la presenza di tutte quelle determinate persone, e solo se di quelle non ne manca neppure una, sia che stiamo parlando di due, di tre, che di quaranta elementi. Oddio, in quaranta in effetti fa un po' ridere ma forse è un esempio utile: se manca un elemento qualsiasi (e questo è importante: qualsiasi, non se manca semplicemente il più simpatico o quello che è amico di tutti), se si è anche solo in trentanove è già un problema, la serata non funziona. Ovviamente il discorso è molto più ragionevole se applicato a gruppi di tre o quattro o cinque persone; e nella mia esperienza me ne vengono in mente parecchie, di situazioni di questo tipo. Anzi, generalizziamo un po' e rendiamo la cosa più plausibile: non è che proprio il gruppo non funzioni, solo che l'amosfera che si crea è diversa, e meno appassionante. E' come se certe persone, combinate, producessero un effetto interazione molto forte, tale che il piacere che si prova stando con esse congiuntamente supera (in certi casi di molto) quello che si prova stando con loro singolarmente. Nel caso estremo, ci sono persone che a tu per tu non hai niente da dirgli e sei quasi in imbarazzo, ma già con l'aggiunta della terza persona giusta, BAm!, scatta la combinazione armonica e tutto fila liscio. Vi faccio pure un esempio pratico (non vi offendete vero?): andare a pranzo con mauro o con bissa singolarmente mi piace molto, ma andarci tutti e tre insieme - BAm! - è uno spettacolo! Chiaro? (non è questo il caso estremo in cui da solo non ho niente da dirgli, naturalmente)
A questo punto, la domanda che può sorgere (e usciamo dall'esempio di prima) è: un'amicizia che nelle circostanze "faccia-a-faccia" (o magari anche in tre invece che in quattro) non funziona o funziona poco, è considerabile una vera amicizia oppure no? Si usa distinguere a questo punto tra "amici" e "gruppi di amici", dove i secondi hanno una connotazione di amicizia più superficiale rispetto ai primi. Ecco, con questa distinzione (e caratterizzazione) non mi sento del tutto d'accordo: entrambe le "figure" sono, almeno per me, fondamentali e complementari.
Non sarà chissà che osservazione, mi rendo conto, ma volevo parlare di questa cosa, che pur non proponendo qualche "novità" (o presunta tale) come idea di riflessione, potrebbe servire (a me è servita) per maggiore autocoscienza (ma tutta sta autocosicenza, in realtà, c'è qualcuno che la vuole?!). La cosa carina è che il tentativo di ridurre le relazioni sociali e addirittura l'amicizia a un modello così semplice è una "semplificazione utile ma non necessariamente vera" (dalla Bibbia degli statistici). E grazie a dio! Infatti la maggior parte dei gruppi sono costituiti da un mix confuso e in continua evoluzione delle cose dette sopra, tipo un gruppo di cinque persone (e qui qualcuno potrebbe sentire le orecchie che fischiano...) può essere costituito da due sotto-gruppi di amicizie più strette (un 3+2), con all'interno del 3 a loro volta dinamiche diverse. A partire dal gruppo "totale", le situazioni in cui manca un elemento dell'uno o dell'altro sottogruppo, tipo 2+2 o 3+1 (o soprattutto le 1+1) possono (anzi, sicuramente sono) "qualcosa in meno" rispetto a quella complessiva. E poi, anzi, soprattutto: non abbiamo considerato il fattore Tempo, per cui tutto quello che si è scoperto si modifica in continuazione (in meglio o in peggio) e rende FORTUNATAMENTE impossibile una squallida codificazione come quella che sto tentando. Tanto per procedere nell'esempio di prima del 3+2, se all'inizio questa formula poteva essere (almeno per me) l'unica convincente, con l'evolversi della situazione ad oggi si sono creati degli 1+1 bellissimi. (E chi vuole capire, ha capito). In altri casi, naturalmente, può succedere l'opposto: da un 1+1 si passa a rapporti più ampi e variopinti e tali che alla fine l'1+1 iniziale viene messo in ombra. Mi rendo conto solo adesso che sto parlando con un linguaggio complicato di in realtà di cose semplicissime, ma credo che ormai si sia capito che è la mia vocazione...
Che ce vulite fà?

Baci bastardi, bastardi

giovedì, luglio 20

Scenari

Eccoli lì: scenari.
Sempre, di fronte alle scelte, anche quelle stupide e quotidiane, il mio cervello è quasi inevitabilmente portato a guardare Oltre, a cosa le mie scelte provocheranno, e non solo in merito a cambiamenti pratici, ma anche e soprattutto nel mio stato d'animo (e in quello delle altre persone coinvolte nella faccenda). In pratica, come meccanismo semiautomatico mi anticipo quello che succederà. Mi creo, appunto, scenari. Aspetti positivi? Non lo so. Negativi, di sicuro: mi tolgo (buona) parte del gusto di viverli.
Parentesi: questo post è difficile da scrivere quindi immagino sia difficile da leggere. Se vi perdete, saltate pure. Anzi, ora che lo rileggo dopo averlo scritto mi rendo conto che è proprio un gran casino. Vabbè: fate voi. A chi resta, cinque crediti.
Dicevamo: è come se camminassi costantemente con le mani avanti, a toccare le cose e cercare di riconoscerle prima di sbatterci contro, un po' come un cieco. Ma nell'ipotesi - che (il problema è proprio questo) mi sa che in realtà sia completamente falsa - che sbattere contro gli eventi sia pericoloso, e non, in certi casi (sempre?) quanto meno più emozionante. Voglio dire, dovrei conoscermi abbastanza da conoscere la mia forza di fronte ad eventi negativi (che è parecchia), quindi perché ho questo compertamento difensivo?
La risposta è fondamentalmente Non lo so. E' un meccanismo automatico, generato dalle solite cose, educazione ricevuta, ambiente sociale, storia personale, bla bla bla. Il problema è che questo atteggiamento un po' mi scassa, nel senso che vorrei essere capace di prendere l'onda e vaffanculo, di non dovere per forza immaginare dove mi porterà. Un esempio pratico vi farà capire meglio, e credo incoronerà la mia follia. La sera della finale, durante i rigori, pensavo: Se vinciamo, feste, corse, alcol, bagno in fontana, e in generale mi PRE-figuravo proprio lo stato d'animo che avrei avuto; e pensavo anche Se perdiamo, tanta delusione, birra all'irish, facce deluse, e anche lì mi immaginavo lo stato d'animo che avrei potuto provare. Il che in realtà non toglie tanto senso al momento dopo (che infatti è stato glorioso e folle lo stesso, come ben sapete), quanto al momento stesso, ovvero al guardare i rigori senza sapere - né preoccuparsi, o almeno non nel senso appena detto - di come finirà (e mi è pure scappato lo zeugma).
Sarà la mia ansia di controllo. Boh: il controllo è una cosa che comunque mi porto dietro da sempre, fin da quando da piccoli si giocava all'Isola di fuoco e durante i turni degli altri ero sempre lì a guardare che tutto si svolgesse secondo Le Regole, e non tanto per evitare che mi imbrogliassero o per desiderio di vincere quanto in nome, appunto delle Regole stesse (e qui mi sa che c'entra in modo definitivo l'educazione ricevuta, unita forse - mi sembra impossibile che non sia così - a una certa predisposizione "di base", anche se queste considerazioni le lascio a chi ne sa più di me). Insomma, ci tengo al controllo, ci tengo che le cose vadano come devono, in nome di un Devono astratto e in fin dei conti (ma anche prima di farli, i conti) sostanzialmente inutile. O, in realtà, siamo onesti, in certi casi non in nome di robe astratte eccetera ma semplicemente voglio che le cose vadano Come Io Voglio. Ma è una cosa di cui è difficile liberarsi, la ricerca del controllo. O almeno, per me lo è. Una cosa che certe volte mi suona strana ancora adesso è per esempio che le persone possano fare qualcosa che mi riguarda senza di me. Tipo un lavoro per l'università: odio i lavori a gruppi perché non ho la certezza che tutto sia fatto come piacerebbe a me. Sono individualista (che sembra un aggettivo positivo, ma è inteso in senso solo oggettivo), e (in modo non aggressivo) presuntuoso.
Tornando al tema, è probabilmente la sete di controllo che mi porta a questa automatica lungimiranza, a guardare oltre per vedere dove si va, per poterlo sapere prima degli altri.
Tutto questo è
- vi ripeto -
sostanzialmente involontario,
e
Non Mi Piace
granché.
Anche se parte di me (come sempre, sempre, in qualunque cosa!) vuole spingersi fino in fondo in questa ricerca di controllo, perché è convinta che il MASSIMO, di qualsiasi cosa, sia sempre bello, anzi no: perché è convinta che il massimo DEBBA essere visto. Tipo: un libro da leggere fino alla fine anche se fa schifo, il progresso tecnologico contro le mie fumose speranze di nuove direzioni tipo filosofiche per l'umanità, l'autocoscienza contro il Meno-ne-so-di-me-stesso-meglio-sto (e questo è uno dei conflitti peggiori), e anche, appunto, lo spingere il controllo e la previsione fino a dove riesco, perché magari alla fine, al Massimo (o anche già dopo una certa soglia), cambia tutto, come una curva che cresce logaritmica e da un certo punto in poi, BAm!, diventa esponenziale, e quindi cercare di vedere cosa succede, spingendo Oltre il vedere Oltre. Mi sono perso.

Scusate scusate scusate vi prometto che non scrivo più niente del genere, mi pare di essere tornato al tempo in cui nelle notti berlinesi, al sesto piano di un palazzo occupato e collassato su un divanetto, blateravo agli spettatori distratti che l'esperienza è insostituibile, che l'america non esiste, che tutta la storia è una balla e che la terra potrebbe essere piatta.

Anche questa è una storia che vi racconterò.

Saluti.

Ps. tra i vari sproloqui è nascosta una precisa parola che potrebbe farvi intravedere il nuovo corso di Viva!, ma non vi dico di più. Preferisco farvelo scoprire da soli, bastardi.

Dodici vite

Ooooooooh yes!
Bastardi!
Sono in asid, finalmente a scrivere. Vi vedo, curvi e ingobbiti sul computer, connessi incessantemente alla homepage di Viva! che cliccate AggiornaAggiornaAggiorna per vedere se scrivo qualcosa di nuovo e vi state quasi per scoraggiare, quand'ecco che BAm!, ecco che arriva questa nuova iniezione di saggezza e simpatia...come dite? Solo saggezza? Ma che palle...eh? Ah, neanche quella? E vabbè, questa nuova iniezione, insomma.
E' da circa un'ora che mi drogo del blog su chucknorris, tra parentesi, dove tra l'altro si dice che può entrare dai gangheri e che ha le maniglie dell'odio.
Voglio fare l'attore, voglio molti soldi, moltissima fama, molte donne.
Voglio vivere dodici vite.

Una vita per viaggiare,
una vita per restare
una vita per conoscermi
una vita senza conoscermi
una vita per il lavoro
una per l'arte
una per una donna
una per tutte le donne
una per quella donna
una vita in america
una in sicilia
e una vita per essere immortale

(e un anello per ghermirli e nel buio incatenarli...)

Credo che Viva! sia arrivato alla sua svolta. E' da un po' che ci penso e credo sia arrivato il momento: si parte con la seconda stagione. Sarà forse più frettolosa, o forse inizierò e non finirò. Comunque, sento il bisogno di una parabola (che bella immagine, la parabola) da seguire. Un po' tipo DDante. Quindi, a partire da subito, Seconda Stagione.
Ci vediamo dall'altra parte, bastardi.

Ah: i post saranno molto più corti, in alcuni casi, credo.

venerdì, luglio 14

Lungimiranza!

Ciao bastardi.
Mi sono ricordato di un discorso fatto tempo fa con una persona che per questioni di privacy non nominiamo. Comunque il discorso aveva preso una piega ispirata e quindi ve lo racconto.
Concentrati? Via.
Il discorso prende il via da un esempio molto pratico e noto credo a tutti (ma estendibile): l'amica che viene da te tutta contenta dicendo Finalmente c'è stato qualcosa con il tipo che mi piace e parte tutta lanciata a farsi castelli in aria, mentre tu hai la consapevolezza praticamente assoluta che il tipo non si farà più vedere o se lo farà sarà solo per portare sofferenza alla povera disgraziata. Caso classiso, no? Qual è il comportamento che terreste voi? A me vengono in mente tre possibilità, che chiameremo:
  1. incoraggiamento (amicizia distorta, almeno rispetto ai miei parametri)
  2. onestà (amicizia secondo i miei parametri)
  3. lungimiranza (visione armonica dell'universo)
La prima e la terza portano a comportamenti analoghi ma partendo da principi completamente diversi, talmente diversi che non sono neanche opposti, e quindi è bene separarle.
Allora!
  1. dire alla tipa "ah che bello sì sì sicuramente adesso vi mettete insieme e nascerà una bella storia". L'idea sottostante è: in nome dell'amicizia sono contento di vederti felice quindi perché buttarti giù? Anzi: cerco di incoraggiare questo tuo stato di serenità ed emozione. In teoria, può non apparire sbagliato, ma in pratica, se le cose non andranno bene (come probabilmente sarà), avercela "fatta credere" (la nostra amica) più di quanto già non facesse servirà solo a farle avere un ritorno alla realtà più brusco ed eventualmente doloroso. Quindi per me questo modo di agire è sconsigliato (ma aspettate...)
  2. dire alla tipa "ok sono contento che tu ti sia divertita ma abbi la consapevolezza che probabilmente la vostra storia finisce qui". E' la visione opposta alla precedente: l'idea è di "prepararla" ad un eventuale delusione evitandole di fantasticare troppo. Controindicazione principale è il rischio di passare da guastafeste (o in casi limiti da invidioso o geloso); se però l'amicizia è di un certo valore questo rischio è minimo, e dunque questa seconda soluzione mi pare preferibile (ma aspettate...)
  3. e adesso la novità: pensate "nel vasto ordine delle cose, chi sono io per impedire a questa ragazza di fare ciò che crede? Starà male (il che tra l'altro l'aiuterà a crescere) e dopo il tempo necessario si riprenderà, senza che in definitiva sia successo nulla di così grave". Perché privare la nostra amica di un'esperienza, di emozioni (sia pur in parte dominante negative, ma non solo!), in nome di una protettività che nel lungo periodo (da qui: lungimiranza) si rivelerà forse sostanzialmente inutile? Quindi, non dico di incoraggiarla senza ritegno (soprattutto: valutare la specifica situazione), ma neanche di smontarla allo scopo di evitarle una delusione. Non è un riduttivo Fatevi i cazzi vostri, io lo interpreterei come un costruttivo Lasciate vivere. Naturalmente, esprimere la vostra idea in proposito potete, e forse dovete in quanto amici farlo; soltanto, badate a come lo fate.
A me sta cosa è risultata abbastanza nuova come idea, spero che neanche voi ci aveste già pensato così faccio bella figura.
Yo bastards

giovedì, luglio 13

40 (breve malinconia)

Tra quaranta giorni parto per l'olanda.

E' un po' triste questo periodo in cui la gente inizia a tornarsene a casa e ci si saluta e sembra un po' la fine delle vacanze piuttosto che il contrario come effettivamente è, e viene già da pensare a settembre, quando ci si ritroverà e si berranno i primi spritz e ci si racconteranno le cose fatte e la gente conosciuta. Soltanto che questo è ancora il momento dei saluti, dei baci e abbracci e dei Fatti sentire, che innegabilmente un po' di tristezza la mettono. Anche perché quest'anno per me è un po' particolare perché andandomene in olanda ad agosto e tornandomene a gennaio, queste "vacanze" (etimologicamente: mancanze) saranno un bel po' prolungate. E insomma, il ventuno sera alla festa di laurea ci sarà per me anche un po' questo clima qui. Però è bello che ci sia un'occasione del genere, per salutarsi tutti quanti insieme.
Poi tanto lo so che la mia pressoché infinita capacità di adattamento non mi farà sentire così tanto le mancanze, però un po' di malinconia adesso c'è (e un po' me la godo).

Tra quaranta minuti discuto la tesi.

lunedì, luglio 10

Mangiarane del cavolo

E mangiateve sta pizza, mangiarane del cavolo.
Durante la giornata di ieri il clima pre-partita - anzi: pre-seconda-finale-mondiale-della-mia-vita-di-cui-l'altra-persa - era praticamente assente, il delirio post-semifinale risultava lontano e il relax casalingo mi addormentava sui libri di statistica.
Inoltre, la postazione d'assalto era casa di un'amica di giorgia e il gruppo di tifo abbastanza esterno a me.
Infine, henry che dopo due minuti pareva morto e il rigore dopo cinque minuti, realizzato tra l'altro in quella maniera veramente infame, hanno contribuito a creare un clima proprio surreale.
Dal pareggio in poi, però, il clima gradualmente è diventato quello calcistico mondiale solito eccezionale, tutti uniti e tutti in tensione, con annessi (pre-dichiarati) comportamenti incivili (urla e una sedia mezza rotta) e birra e vino e vino e birra da bere. E alla fine, esultanze primordiali, grida dalla finestra, in ginocchio davanti al televisore, tutti in piedi per la premiazione, cazzarola siamo CAMPIONI DEL MONDO, è una cosa di cui sempre ho sentito parlare e mai ho vissuto, ed è veramente un'e - anzi, E - mozione fortissima, quasi da lacrime e certamente da urlare fino a perderci la voce. Ma chissenefrega, della voce.

E comunque, questo è l'inizio della fine, perché eravamo (fortunatamente: il tragitto è la parte che preferisco) un po' lontani dal centro, e dopo aver sceso le scale urlando (quante volte ho ripetuto:urlando?) ce la siamo fatta tutta a piedi (anzi: correndo), strillando gioia alle macchine che passavano, saltando in mezzo alla strada, unendoci ai cori quando si è formata la fila di macchine incolonnate verso piazza tacito. Tutto questo, urlando, urlando senza vergogna. Poi: bagno nella fontana, una roba pazzesca, sono veramente poco in grado di raccontarvela, non ho le parole e l'alcool era parecchio, comunque bellissima, veramente. E poi in giro a partecipare i cori e a lanciarne noi (soprattutto l'importato "ci segna solo zaccardo", che non è più del tutto vero ma fa gioco lo stesso), con la maglietta zuppa e il bandierone, poi in piedi sulle panchine, qualcuno che urla all'irish c'è birra gratis, sulle spalle dei genitori bambini con le facce dipinte e la faccia stralunata, ovunque si sente ooh oh oh oh oh ooooh ooooh dei white stripes che chi sa se si rendono conto di quello che è diventata la loro canzone, ragazze seminude e ragazzi con le maglie azzurre, sguardi increduli e motorini che passano in mezzo al corso, camionette farcite di tifosi, maxischermo con le interviste del kazzo del dopopartita non sapete quello che vi perdete, questa è VITA, kazzo!

Fradicio, e con una quantità indefinita di alcool in corpo,
torno a casa (i miei: sei un po' brillo?)
rantolo in bagno
e vomito anche l'anima.

Campioni del mondo.

lunedì, luglio 3

Ma per fortuna (o purtroppo) lo sono

Ecco la parte seria (anzi: impegnata): rispondo a sa.
(intanto: chi indovina la citazione del titolo? Di cui la prima parte non è riportata perché esprimeva esattamente il contrario di quello che volevo dire io...)

Si diceva, amor di patria. Sì, fondamentalmente mi evoca soldati al fronte, abbracci davanti al treno con donne dalle acconciature inevitabilmente anni 40. Per il resto, non mi sono mai sentito particolarmente attaccato alla nazione né geograficamente (mai ho dato per certo, anzi, che passerò la mia vita adulta in italia) né simbolicamente (ricorrenze, bandiera, inno). C'è però da dire che è in me piuttosto forte (anche se forse in realtà è semplicemente inevitabile) il senso di Appartenenza. Questo sì. Senza dubbio, più che "cittadino del mondo" mi sento cittadino italiano. E sono contento di esserlo. Ma non vado molto oltre, non è che mi senta "orgoglioso" di essere italiano, o robe del genere. Secondo me al giorno d'oggi (che espressione orribile: qualcuno me ne suggerisce un'altra?) l'ambiente in cui esprimere l'eventuale amore (termine tra l'altro un po' eccessivo, mi sa) per la patria (sempre senza incorrere in integralismi) è quello delle scelte commerciali e anche culturali.
E qui ho anche esempi che mi riguardano: ascolto molta più musica italiana che straniera, preferisco i libri italiani a quelli esteri e spesso in fumetteria se devo comprare qualcosa di sconosciuto preferisco un italiano. A volte (ma molto più raramente) faccio caso alla nazionalità anche delle marche delle cose che compro. Infine, si può esprimere un po' di attaccamento alla patria nel linguaggio (almeno in quello scritto).
Il concetto "storico" di amore di patria secondo me è bello che sepolto, o meglio: si è talmente trasformato, che il nome non rende più bene l'idea. Lo chiamerei piuttosto: "affetto per la patria", non nella foto del soldato in trincea, non nella squallida immagine di italiano mammone tanto cara ai media (pronuncia: mEdia), ma più semplicemente in quella di cittadino e patria personificata che si stringono la mano e guardandosi negli occhi si comunicano un onesto rispetto.

Ciao fratelli bastardi d'italia bastarda.

Come barzagli e cannavaro

Ave, bastardi.
Non capisco perché le estati scorse andavo in prato così poco. Anche se in realtà, as usual, la risposta è nelle persone. Fatto sta che quest'anno è praticamente la regola del dopocena, con chitarra e palline e con johnny o con gli amici di giulia. Ieri sera ho fatto una session col dio della chitarra spettacolare ma, come succede a barzagli vicino a cannavaro, a star vicino a lui si fa bella figura comunque. Però mi sono divertito. Aggiungere alla lista dei mestieri possibili:
-il giocoliere
-lo chef o il pasticcere
-l'organizzatore di eventi
-lo sportivo professionista (l'avevo già messo?): calciatore, pallavolista, baskettista, tennista (e credo di averne scordato qualcuno)

Approposito, c'è stata una gran bella notte bianca. Un botto di gente, bella musica. Solo che ero abbastanza distrutto per via dello spettacolo che c'era stato alle 10 e per il quale eravamo in attesa dalle sette e mezza (tra l'altro: è andato bene anche se recitavamo in tre metri quadri, abbiamo fatto un po' di casini ma ci siamo ripresi alla stragrande), quindi alle cinque ho telato per andare a far la nanna. La sveglia è stata alle SEI di pomeriggio. penso non dormirò per un mese.

E infatti, per "recuperare" ieri sera ho fatto le 4, vedendo, dopo il prato, il pulpissimo Dal tramonto all'alba (con nel cuore il rimpianto di non essere mai andato al titty twister di terni, finché esisteva...). Tra l'altro, tarantino è perfetto per fare il maniaco. Esteticamente, intendo.

La tesi è consegnata.
Stiamo cercando di organizzare la festa, ma è ancora tutto per aria.

(nel prossimo post, la parte seria)