lunedì, agosto 28

Forever

Adoro questa parola, non so perche' ma mi e' sempre piaciuta.
Il suo suono, e anche solo vederla scritta (o scriverla).
Forever.
Per sempre.

Signore e signori, bastarde e bastardi, posso con piacere annunciare di aver scritto (credo) il post piu' lungo della storia di Viva!. Mi sa che ci ho messo quasi due ore! Vedete voi se leggerlo in blocco o a rate...

Io lo so che posso sembrare un po' schizofrenico con i cambiamenti d'umore che ho in questi giorni (saro' incinto?), con gli alti (altissimi) e bassi di questi primi giorni (e anche per questo l'annunciato seguito del post prima non ve lo metto, non e' piu' attuale), che si verificano anche nella stessa giornata e che sono legati principalmente al fatto che:
-Le serate sono spettacolari, memorabili, Tutte (e questa e' la parte ok, of course)
-Quando non e' la sera, c'e' un po' la sensazione che tutto vada perso, perche' durante il giorno le cose sono parecchio diverse, non c'e' ancora molto da fare e cio' che dovresti non hai voglia di farlo e soprattutto magari non vedi chi vorresti vedere e non sai come trovarlo.

(tutto questo, of course, fino alla sera dopo)


Adesso e' un momento alto alto, sono reduce da un weekend che vi racconto a grandi linee: siamo andati in una specie di agriturismo tre giorni a fare giochi stupidi la meta' dei quali includeva la birra, sport altrettanto stupidi come basket misto in sette contro sette o il biliardino umano, una sera ci hanno diviso per nazione per fare delle scenette "tipiche" e l'italiano coatto che parla al telefono con la mamma e le prese per il culo ai francesi a proposito della coppa del mondo sono state apprezzate (tranne che dai francesi), e meta' degli altri gruppi (finlandesi, ungheresi, irlandesi, scozzesi) esordivano dicendo: per cosa e' famoso il nostro paese? Per il bere. E giu' giochi alcolici. Per terminare, alle 13 (t-r-e-d-i-c-i) dell'ultimo giorno, con la Beer Race, l'ennesimo gioco alcolico distruttivo, che abbiamo avuto l'onore di vincere (e valeva che "the winner gets the dinner") con tanto di Pooo po po po po pooo po cantato in coro da tutti i presenti, tutti lavati di birra fino ai capelli sotto l'eccezionale concessione da parte del Grande Capo di qualche momento di sole.
Ma la parte migliore, in ogni caso, sono state le serate, le notti, passate a ballare fino alle quattro, e cazzarola solo qui, solo qui puo' succedere che se ti metti a ballare con una ragazza qualsiasi questa non ti guarda come a dire Cazzo vuoi?, proprio per niente, ma almeno un po' ti da' corda e ambizioni sessuali a parte ti fa sentire bene in quanto te stesso. E' un discorso da bastardo sfigato? Dite voi.

Comunque sia, domani sera c'e' una festa per tutti gli exchange students e NON VEDO L'ORA.
(a scrivere in questo modo mi pare di essere la ciwa, ma mi sa che in effetti sto iniziando a passare quello che ha passato e provato lei e tutti gli altri prima e dopo di lei...)
Non vedo l'ora soprattutto di rivedere gli (diciamo la verita': le) olandesi, perche' mentre i vari exchange (almeno, quelli di Stapps, che e' il posto dove dormo io) la sera piu' o meno li vedo, loro invece ovviamente non vivono dove viviamo noi, ma mi sto gia' affezionando e mi va di rivederli (diciamo la verita': rivederle).

Ho questa strana immagine in testa, che qui sia riunita una specie di selecao delle personalita', un campionario eccezionale di persone, che nel momento in cui hanno detto a casa in spagnolo o in finlandese o nell'assurdo slang australiano Io vado a tilburg hanno assunto tratti eroici e si sono eletti cavalieri della loro nazione nel mondo e non e' che io senta altrettanto per me stesso ma mi danno lo stesso un senso di appartenenza fortissimo. Cioe', sento un'affinita' profonda pure con quelli con cui non ho niente da spartire, e questo e' senza dubbio Eccezionale. Lo so bene che non e' vero, e che qui in mezzo ci sono tanto persone degne quanto stronzi, ma il solo fatto di essere qui li eleva ai miei occhi tutti di almeno uno scalino.
Sto vivendo in un'anomalia.

(che non tutti avranno la fortuna di vivere e io che sono qui me la voglio succhiare fino in fondo, e dopo leccarmi le dita per anni e anni e anni, per sempre, forever).

E in questo concorre moltissimo il fatto di dover parlare una lingua che per molti di noi e' difficile, e comunque e' non-naturale, il che ci predispone ad essere secondo me molto piu' aperti con tutti rispetto al solito, perche' solo il fatto di riuscire a capire cio' che l'altro dice ti fa sentire bene e quindi ridi anche per le cazzate, e frasi che in italia non ti strapperebbero uno sbadiglio qui le accogli con entusiasmo, ti lasci trascinare, la lingua ci annulla, ci innalza e ci rende uguali, ci rende appartenenti allo stesso momento, alla stessa situazione, allo stesso umore; e' come se ci mettesse dei filtri davanti, come guardarsi attraverso l'acqua o un vetro smerigliato, e questo inevitabilmente appiattisce tanti lati del carattere, ma tanti altri ne fa venire fuori, altri che di solito non vedi mai, e alcuni di questi sono talmente belli che pensi sia e' un peccato non averli visti prima e che ti fanno pensare ancora all'Eccezionalita' e all'Anomalia di cio' che stai vivendo, il fatto di essere tutti un po' piu' uguali toglie inibizioni, toglie vincoli, rende piu' disponibili, piu' complici e piu' (questa e' una delle cose migliori) affettuosi.
E anche tra uomini, succede. Voglio dire, io e i miei coinquilini (i miei cari flatmates) nonostante siamo qui da poco eccetera siamo orientati verso giri abbastanza diversi, ma lo stesso se siamo in un pub o a una festa e si gira da un gruppetto all'altro, si va al banco a bere, si balla, si esce e si rientra, in tutto questo (vabbe' e' complice anche l'alcol), se ti becchi 4 volte in una serata, 4 volte ti saluti con sonore pacche sulle spalle e altrettanto sonori How are you doing eccetera. Bello!
(anche se naturalmente con le donne l'affettuosita' ha tutto un altro significato ed e' tutta un'altra cosa, anche in questo caso anche lasciando fuori il sesso (tre "anche" in una frase, vinco qualcosa?); rendersi conto di avere dopo una sola serata la confidenza anche e soprattutto fisica (che per me e' abbastanza importante) che con certe amiche non acquisisci neanche dopo anni e' -che sono ripetitivo?- eccezionale).



Stare qui ti apre la mente.
Te la taglia in quattro spicchi e te la fa aprire verso il cielo. Scusate, scusate, se quello che diro' inevitabilmente suonera' arrogante, ma: Mi sento lontano anni-luce dalla mentalita' (che consideravo gia' aperta) che avevo acquistato a padova, e figuratevi da quella di terni. Tutte le cose che mi sembravano problemi gravi, occasioni importanti, scelte da fare, perdono di significato, in confronto a questo (segue anche che le mie idee sul futuro sono incasinate molto piu' di prima, che gia' erano un bel macello). Sara' bello tornare (se non pensassi gia' alla fine non sarei io, no?), rivedere certi volti che un po' mi mancano e ritrovare la vita di padova e la dolcezza di casa mia (standone cosi' fuori l'ho capito, finalmente, me ne rendo conto ora che lo scrivo, e' la dolcezza quello che mi lega a terni, la commozione e lo struggimento per tutte le strade che mi hanno visto passare e restare, per la gente che con tutta la sua provincialita' lo stesso amo e che con il suo dialetto sporco mi fa sentire a casa, per la serenita' di dormire nel mio letto e di stare a tavola con i miei, e per la bellezza, semplice bellezza e straordinaria dolcezza di quell'ultima serata all'irish, che ogni mattina mi viene ricordata dalla sciarpa con i Colori appesa nella camera olandese). Ma non e' comparabile a questo, non nel senso che e' peggiore ma e' semplicemente inconfrontabile, qui siamo nel cielo, ci sono le stelle che bruciano, i pianeti, gli spazi immensi dell'universo e sotto di me il mare infinito e sempre in tempesta, mentre terni e' la mia terra, il mio sangue e le mie ossa, e la dolcezza di cui sono capace viene tutta da li', e per questo mai la dimentichero' e ad essa in qualche modo sempre ritornero'. Amen.

(Ma perche' mi sono messo a scrivere di terni? Che mi manca casa? Col cavolo, bastardi. Allora, chiudiamo parlando di olanda, che e' l'Ora e il Qui).

A tutti gli inutili stronzi che quando tornero' dicendo Sono stato in olanda mi faranno il sorrisetto complice come a dire Chi sa quanto avrai fumato gli lascero' credere quello che vogliono e neanche provero' a smuoverli dai loro luoghi comuni e dai loro occhi appannati, non me ne freghera' niente, perche' io, per sempre, per sempre, forever, mi portero' nel cuore quello che sto vivendo adesso, sara' una delle pietre piu' preziose che portero' nelle tasche e nessun bastardo dallo sguardo spento potra' MAI portarmela via.



Mo vi dico una cazzata, ma e' assolutamente e completamente vera:
chi non c'e' stato non lo capira' mai.
Mai. No way.



Mentre io, bastardi, lo portero' dentro di me.
Dentro il mio cuore.
Per sempre.

martedì, agosto 22

Ragioni da vendermi?

(le tastiere dei dutch non hanno le lettere accentate)

Nel pauroso spaesamento del primo giorno ha preso concretezza la domanda che vagava gia' da qualche settimana nell'aria.

Perche' sono qui?
Perche' ho fatto una scelta del genere?
Qual e' la ragione?
Ce n'e' almeno una?
E se non c'e', e' un problema?
E soprattutto, perche' pure all'accoglienza ufficiale con il rettore e compagnia bella gli olandesi offrono birra?

Ci sono persone per cui decisioni come andarsene in erasmus sono una specie di sogno o di mito, e immagino come debbano sentirsi quelle che lo realizzano (zeugma: non si dice Realizzare un mito) quando partono, durante tutto il viaggio, quando per la prima volta parlano una lingua diversa, quando conoscono le prime persone, quando fanno la prima spesa in questi fucking supermercati olandesi che vendono solo cibi pronti un pacco di pasta costa uno e trenta. Ma fanculo, io me la compro lo stesso. Dicevamo? Si': che io invece ho, come dire, sempre saputo che sarei arrivato qui, magari non qui a tilburg ma a questa situazione. All'essere all'estero, con un progetto in mente. All'erasmus proprio, in realta'. E quindi l'ho sempre vista come una cosa normale. E quindi, niente aspettative.

Eccolo, il problema:
la disarmante e totale Assenza di Aspettative che avevo nelle settimane prima della partenza e che ho manenuto anche una volta arrivato qui. Non sono emozionato, eccitato, spaventato, "pronto a" vivere questa vita, non mi aspetto di studiare, di imparare l'inglese, di conoscere gente. Non mi aspetto
un
beato
cazzo.

(incapacita' di rischiare? Scarso interesse per tutto quello che mi circonda? Incapacita' di trovare qualcosa di veramente importante per me? L'interpretazione dei miei sogni dice che e' cosi' (e qui ci starebbe bene una faccetta che ride indirizzata a lady g se mai leggera' questo blog ma ho deciso che le faccette non le uso e quindi niente faccetta))

Tutto cio', dicevamo, nel pauroso e desolante spaesamento del primo giorno in cui mi sono veramente chiesto Che cavolo ci faccio qui.
Ora, le cose non sono stra- migliorate, nel senso che ancora comunque la vivo come un'esperienza normale e inevitabile, e non mi stupisco, ecco quello che mi scoccia, l'assenza di meraviglia, ma almeno vedo tutto cio' che puo' succedere nei prossimi mesi e

dopo aver conosciuto in due giorni gente da ogni parte del pianete (canada usa colombia peru' cile brasile spagna francia germania irlanda ungheria polonia repubblica ceca romania olanda india senza dimenticare australia hong kong e quelli che mi sto scordando), aver passato qui tre sere e aver bevuto come un maiale in tutte e tre (piu' un pomeriggio) e in definitiva stare realmente vivendo qualcosa di diverso da tutto cio' che ho vissuto finora (questo inizio a percepirlo!)

mi sento piu' sereno,
e piu' pronto a
Godermela.

Questo post avra' un seguito, ma ce l'ho nel portatile e quindi ve lo metto un altro giorno.
Ciao

BASTARDI!

martedì, agosto 15

Davanti ai miei occhi

Davanti ai miei occhi
a meno di tre giorni
padova
bergamo
l'aereo



l'olanda.


E ancora non mi rendo conto neanche un po'.
La prossima volta che leggete qui, pensatemi tra mulini e tulipani, bastardi.

Tre
due



uno






Via.

lunedì, agosto 14

La carne con le mani

Questo post ce l'ho pronto da un po', ma aspettava il momento giusto per entrare in scena. E il suo momento è adesso arrivato, nel percorso di Viva!. Ora lo finisco e poi pappatevelo (senza posate, naturalmente).

Ne parliamo di sto benedetto parkour?
Sì, dai.
Parkour: girare per la città, preferibilmente di notte, saltando, correndo, arrampicandosi su quanto possibile, dando carta bianca alla fantasia e con gli unici vincoli delle proprie possibilità fisiche (comunque da sforzare e sfidare, volendo) e della legge italiana. In altre parole, interagire con la città e con le sue architetture, dalle panchine e dai lampioni fino ai terrazzi e alle impalcature, dalle scale ai muretti. E' divertimento, e libertà: libertà molto maggiore di quella che ci concediamo generalmente, dove già una persona che salta su un gradino ci colpisce perché è inusuale. E' il fatto di farlo di notte (il che non è necessario, soprattutto se vuoi "imparare" a farlo, ma se vuoi prenderlo semplicemente come momento di diversità dalla cosiddetta-vita-di-tutti-i-giorni, che è come lo intendo io) rende mezzi banditi e mezzi bambini, e fa decisamente gioco.
Non mi va di dirvi di andare su google e cercare video di parkour perché trovate gente bravissima eccetera eccetera ma non è tanto lo stile che mi interessa comunicarvi, quanto le sensazioni che può dare una sana serata di salti e zompi per le vie. Ergo, vi invito piuttosto a chiamare due persone e provare.
E per invogliarvi (?), vi racconto com'è una serata-tipo (almeno, delle nostre): ritrovo a mezzanotte a casa mia, sempre in tre (io bissa e un terzo elemento variabile); litro di vino per sciogliersi un po' e seguente abbigliamento: tuta intera (più tardi si suda, ma d'autunno è indispensabile), meglio se con cappuccio o cappello con visiera (più decorativo che altro, ma magari può risultare utile essere non proprio riconoscibilissimi...). Dopo una mezz'ora -un'ora, si scende in strada e si parte. Come? Come Ci Pare. Corsetta leggera, saltino di una (come cavolo si chiamano quelle cose metalliche che dividono i marciapiedi dalla strada? Ringhiere?), giro di un lampione, equilibrismi vari e stupidi (sottolineo che facciamo robe estremamente semplici, l'importante è lo spirito!), poi si prova magari a fare due-tre passi di seguito su un muro, e iniziano le prime sfide: del tipo Io l'ho fatto, ora tocca a voi!. Ci si infila nelle gallerie del centro, si saltano scalinate (chi va più lontano?), si scalano impalcature, si scappa quando si affacciano urlando i vecchiotti inferociti (giustamente) dal fatto che dei cretini alle tre di notte gli mettano i piedi sui muri di casa. Un po' di sana adrenalina ci sta tutta. Facce indifferenti quando si incrocia la municipale (non ho ancora capito se sta roba sia effettivamente legale o no...), magari mettendo via i mezzi guanti che fanno parte anche loro dell'abbigliamento (che ci fanno tre persone con tuta e mezzi guanti in giro alle tre di notte?, si domanderanno forse gli sbirri), e poi corse varie, inseguimenti, in certi casi duelli (tipo: con le riviste di annunci immobiliari gratuite che si trovano per la via), fino a ritrovarsi distrutti (non sembra, ma è sfiancante, dopo un po') e dall'altra parte della città. Si inizia allora il ritorno, con ritmi mooolto più tranquilli, ripigliando normalità.

La mattina dopo, freschi come le rose.

Per chiudere, il parkour è (per me):
vivere l'ambiente solito, ma con gesti diversi.
Tipo (figuratevelo!) mangiare la carne con le mani, come scrivevo qui un po' di tempo fa: un'abitudine, ma compiuta con uno stile diverso, in modo più primitivo e bambino e con la leggera eccitazione del "fare una cosa che di solito non si fa" (e che si è in pochi a fare).
E' prendersi (riscoprire) libertà.
E divertirsi.

Fine della pubblicità del parkour.
Provateci, se avete coraggio!

domenica, agosto 13

Mentre io continuo a non capire un cazzo

E' quasi un fuori percorso ma sticazzi.
Premessa: il linguaggio è volgare.
PARTE UNO
Quando, quando, avverrà il maledetto cambiamento tanto atteso, quando finalmente sentirò il TLAC! che mi annuncia che sono dall'altra parte, che la terra ha girato, che io ho girato, ho svoltato, sono finalmente diventato ciò che vorrei essere?
Zio caro.
Mi sento come se chiunque intorno a me avesse trovato il modo di essere contento nella sua fottuta esistenza (che insomma abbia capito come funziona la vita) e io sia rimasto l'unico stronzo a non aver capito proprio un cazzo, che rimane qui intontito tra invidie, desideri inespressi, inesprimibili o espressi e mai realizzati, lacerato tra ciò che sono e ciò che vorrei essere (mai prima d'ora così distanti, i due concetti), diviso tra mille possibilità, mille strade, tutte attraenti e nessuna attraente, tutte ragionevoli e nessuna che mi URLI IN UN ORECCHIO SONO IO CIO' CHE CERCHI BASTARDO!

Penso troppo.
Troppo troppo troppo troppo.
Troppo.

Gesù. E pensare (è da rimanerci a bocca spalancata, al ricordo) che c'è stato un periodo, ancora vivo nella memoria, intorno al duemiladue, fino a poco prima dell'università, in cui disperatamente cercavo di rallentare, pensate, perché sapevo di stare vivendo troppo velocemente senza gustare niente e in sostanza il problema era che pensavo forse troppo poco. E' stata una battaglia infame, a colpi di volontà, di spada Volontà, vinta con fatica grande, ma che concesse una vendemmia generosa.

Fino ad adesso.
Adesso è cambiato tutto, penso troppo e voglio smetterla con sti maledetti pensieri, sto cervello che pare in certi giorni ipertrofico e voglio cominciare a fidarmi un po' delle sensazioni, come dice alessandra ma tanto lo so già da me, ma non è facile neanche per il cazzo.

Mi vedo da fuori,
e mi vedo spaesato, intontito, in atteggiamenti che non mi appartengono per niente,
completamente diverso da come vorrei.
E tanto non capisco da che parte debba cominciare a cercare di cambiarmi, o anche solo se debba farlo oppure no (ma vedete: pretendo di risolvere la questione pensandoci).
Com'ero quand'ero cinico? O ingenuo, su tante cose? O - senz'altro, me lo ricordo - più brillante, magari con il talento di far ridere? Ricordo, che ero così, ma non vedo come tornarci. Tornare almeno un po' spensierato. Anzi, depensierato.

PARTE DUE

Sapete come si fa a fare un cambiamento del genere?
Come si rinasce?
Io la risposta mi rendo conto che l'ho sempre saputa, ma sono veramente stordito e intontito in questo periodo, l'ubriaco che cerca di tornare a casa nel paese nebbioso, vagando e barcollando, e quindi non la vedo bene, neanche adesso che scrivo queste parole, ma la differenza è che adesso:


mi sono rotto i coglioni.

E la risposta la tiro fuori anche se non vuole e la metto sotto la luce in modo che non possa più nasondersi, la bastarda. Essa è: la rinascita non è una roba che arriva da sola (limitandoci, naturalmente, a ciò di cui sto parlando io), una roba fuori-da-te che avviene e tu dopo un po' ti guardi e dici: Che bello!, finalmente sono rinato.
La rinascita è questione di volerla. E' la Volontà, la risposta! Si decide quando rinascere, e senza questa decisione non c'è niente, mentre quando si assume questa consapevolezza c'è (almeno in potenza) già tutto. Ho bisogno di svegliarmi, di uscire dalla nebbia, dall'apatia, dal non sapere più chi o cosa diavolo si è diventati, e ripigliarmi in mano ciò che è mio. Ovvero, io.

Ho bisogno di volerlo.
E lo voglio.

E da domattina, cercherò di mettere in off il cervello, e le solite pugnette mentali e morali che in continuazione mi faccio, e di cercare semplicemente di vivere il più possibile.
Olio di gomiti, a lucidare l'acciaio incrostato e arrugginito della mia spada più vecchia, e senza dubbio migliore, chiamata come sapete Volontà, che tornerà a scintillare come mai prima.
Zio caro, voglio proprio vedere chi vince, tra il fantasma del cazzo che sono diventato e l'acciaio di nuovo scintillante di madama Volontà.

La vedremo, bastardi.

martedì, agosto 8

Gli Emuli!

A me me ne frega poco in questo momento che mio padre mi aspetti vagando per grado, perché ho proprio voglia di bloggare, dopo questo periodo di astinenza. Quindi saro' breve, ma qualche cosa ve la voglio scrivere lo stesso.
Quindi vi parlo dell'Emulo. Specie umana classificata a padova insieme ai miei fratelli (pensate un po'), quando erano venuti su per la laurea. L'Emulo abita branchi di adolescenti o post adolescenti moderni (ma più il gruppo è giovane più è facile incontrarlo); gruppi piuttosto omogenei nello stile (anzi: sconfortantemente omogenei nello stile, eh ai tempi miei...), caratterizzati dal color rosa, dalle stampe argentate, dalle braghe a quadri ora che sono di stagione, eccetera eccetera. Insomma, ci siamo capiti. Ecco, in un gruppetto di quattro-cinque elementi l'Emulo salta subito all'occhio, è l'imitatore degli altri, è quello che cerca di vestirsi e atteggiarsi come loro ma non ci riesce fino in fondo, è quello che in un altro contesto avrebbe uno stile magari completamente diverso (o forse sarebbe comunque un emulo, chi sa), ma gli tocca stare lì e quindi si adatta, forse pensando che o si adatta o muore (socialmente parlando), forse perché vuole farsi accettare, insomma, per tutti i motivi per cui ogni singolo cristiano (leggi: persona) sotto i trent'anni (ma forse anche dopo) combatte ogni santo giorno sul pianeta. Lui sceglie di reagire così, ma a differenza dei suoi soci quello stile non ce l'ha, non può farci niente. Solo emulare. Sintetizzando: è quello che si serve negli stessi negozi di vestiti dei suoi amici, solo che quando arriva lui la maglia figa è già finita. E lui si prende quello che c'è.
Questo discorso (a parte le blablabla riflessioni socio-morali che puo' indurre) è divertente se giri per un centro una sera e ti metti a riconoscere gli inconfondibili Emuli che girano.
O forse siamo tutti Emuli di qualcosa, qualcuno?
Che profondità di pensiero...vado al mare che è meglio.
Ciao bastardi


(Promemoria: ricordarsi di utilizzare meno parentesi)