domenica, dicembre 24

...sono tornato a casa

E direi che il titolo è abbastanza per un post intero.
Comunque, non mi va di annoiare il pubblico pagante (a proposito, ma sti soldi quando li vedo? eh mr. blogspot? eh bloggy?) con considerazioni tristi, lascio un po' a raffreddare il tutto e ve lo racconto tra un po' di giorni. Forse.

Comunque, ci teniamo pesanti lo stesso.
Considerazioni sul paradiso.
Sorvolando sul ryanino la sconfinata distesa di nuvole tedesche, austriache, europee, ho immaginato per un momento il paradiso, che deve essere qualcosa di simile a:
una distesa - non necessariamente bianca - ma soffice e senza limiti, dove lo sguardo puo' perdersi all'infinito, con gruppetti di persone impegnati a parlare, seduti, in piedi o sdraiati, ma senza confusione, c'è un grande silenzio ma non di quelli inquietanti da biblioteca, più di quelli tranquilli dei bambini che giocano mentre i grandi dormono.
Parlare, ogni tanto bere e mangiare in grandi tavolate - queste rumorose, dall'esterno no ma da dentro sì, hai voglia - e fumare, e fare l'amore, anche, ma soprattutto parlare.
Ma focalizziamo sul tratto più importante.
Che è: l'assenza di tutto, tranne le persone.
Niente case, niente palazzi, niente macchine, niente muri, porte, muretti, finestre, neanche strisce per terra. Eccolo qui, il paradiso. Potrebbe anche essere la terra, in realtà, ma senza NIENTE. Solo un enorme prato verde, laghi ogni tanto, montagne solo per chi le vuole. E con un clima tale da non avere bisogno di essere al coperto, magari di notte una coperta può servire ma niente di più (e comunque, insomma, è pur sempre il paradiso, non è che se non ti copri ti ammali, eccheccazzo).
Vivere tutti insieme.
Ah ecco, un altro paio di particolari importanti. Per quanto sia grande questo posto, puoi raggiungerne ogni luogo in un secondo, solo pensandolo. E poi: puoi conoscere chiunque solo dando due baci, offrendo di fumare insieme e iniziando a parlare. Mettendo insieme queste due cose, esce fuori che puoi stare con chi vuoi, ecco, questo è il punto. Finalmente le contingenze maledette se ne andrebbero affanculo, non ci sarebbe altra motivazione per quello che uno fa che la propria volontà, non il fatto che uno è costretto a stare in un certo posto e per questo non può vedere quando vuole un'altra persona solo perché abita lontano. Cazzo, è ridicolo. Oppure, non conoscere mai le persone che vivono vicino a te, a causa dei muri, muri dimmerda, sociali, psicologici, ma anche i muri fisici stessi.
La volontà, sarebbe tutto ciò che serve. Non pensare Se mi avvicino e comincio a parlare mi prende per pazzo, o Chi sa quando ci rivedremo o Odio il mio paesino così piccolo e la gente con cui sono costretto a stare. Paradiso.

(saltate questo pezzo, a meno che non abbiate voglia di statistica applicata alle metafore della vita - no anzi non lo saltate, è venuto bello lo stesso: questo paradiso è il posto in cui - come ho anche trovato ironicamente su internet, ma è vero - tutte le varianze sono sistematiche e nessune casuali, dove tutto è determinato da ciò che uno vuole, solo quello, e non dalle circostanze in cui uno vive e che inevitabilmente influenzano ciò che uno può fare - e questo non è terribile, è solo la vita, ma è ingiusto, e almeno il paradiso dovrebbe rimediare a tutto questo - è il luogo in cui lo statistico arriva e si chiede: perché quelle due persone si stanno parlando? Mangiano uno dal piatto dell'altro? Si baciano? E la risposta che trova è indipendente da tutte le fottute covariate di questo mondo, dall'età, dal fatto che vivano vicini (che soprattutto questo alla fine - pensateci bastardi - è spesso fondamentale, nel fatto che due persone siano amici o amanti o amati), dal fatto che la gente che gli sta vicino lasci capire che è giusto o sbagliato che loro si parlino, mangino insieme, si bacino, dal fatto che vivano da una parte all'altra di un'italia, di un oceano, di un muro che separa israele e palestina, di un muro che separa il numero 12/a dal numero 12/b di una qualsiasi via roma - la risposta che trova lo statistico non è una combinazione di tutti questi fattori ma un sempice Perché lo vogliono, senza altre influenze, senza la più piccola oscillazione aleatoria, non significatività di tutti gli altri fattori ma perfino assenza di residui, è l'anomalia, l'assurdo, il modello perfetto - lo vogliono: lo fanno)


(Ehm - vabbè lo sapevate, che prima o poi finivo a parlare dell'olanda, dai non rompete bastardi)
Lo sapete dove sono certi pezzi di questa idea di paradiso? Uno, per esempio, è sopra le nuvole - dove tutto è morbido, e senza muri - ma le persone, sapete com'è, non ci possono stare. Un altro ha qualche muro, d'accordo, ma per molte cose, a questo paradiso, gli si avvicina molto. E ha un nome strano.


Stappegoorweg.
Mia patria, famiglia e brandello di paradiso dei miei ultimi mesi.
(ma anche verbs, dai)



Le persone dovrebbero sempre - SEMPRE - vivere più insieme possibile. Un villaggio in cui tutti hanno la possibilità e la voglia di conoscersi, dove c'è un ESN che per ognuno che arriva organizza cento giochi, e dopo non si starà ovviamente tutti insieme, si formeranno tanti piccoli e grandi gruppi, ma tutti armonici, che si ritroveranno a brindare insieme ad ogni compleanno, e mai ce ne andremo, anche quando saremo adulti sul serio e con una donna o un uomo che amiamo, resteremo lì, in quella famiglia immensa e dolce e potente.

(può sembrare strano, che qualcosa del genere possa esistere. Ma io l'ho visto, bastardi, e lo ricostruirò. E non sarà questione di legno e mattoni - sarà questione di ogni giorno (anche per voi, bastardi, badate che vi controllo), ogni volta che vedete i vostri amici, o ogni volta che volete parlare a una persona che non conoscete, e vi vergognate, o quando in un negozio o in una qualsiasi altra conversazione usuale e inutile, ci mettete un sorriso al posto dello scazzo di una mattinata storta, quello sarà vivere. Non addormentatevi - è una vita sola, uno shot e via, miei cari bastardi, ergo, il più possibile,)


(lo so che non si dovrebbe fare, ma l'ultima parola è potente, e dentro una parentesi non ci voleva proprio stare)







Splendétevela.

mercoledì, dicembre 20

Le lacrime che

Le lacrime che
finalmente arrivano.

Copiose.

Nella festa più bella di sempre.
Stringere un uomo che sai che è un amico, stringere una donna e sentire che è un'amica.
Nient'altro, conta, solo le lacrime che ci scambiamo, che lasciamo bere ai maglioni, i nostri occhi sfatti, le mani che sentiamo sincere. E la voglia di non smettere di piangere, di lasciarsi dondolare in questo sentimento intenso, e vero, dolce, di rimanere in piedi a piangere e guardare gli altri piangere.
Siamo i migliori, i migliori di sempre, in un appartamento distrutto - gente che balla sul tavolo - jagermeister per terra - lattine ovunque - se un bicchiere dà fastidio tirarlo via - cantare senza avere idea delle parole - fumare - giovanni che infila gli inalatori per l'asma di dave nella bocca della bambola gonfiabile che gli ha regalato e io gli dico "ma se poi non li trova e muore?" - verity mi ha fatto un regalo bellissimo - stamattina una lampada rotta - la caldaia spenta - pezzi di felicità - di tristezza - di erasmus - sparsi in giro. Nelle valigie troppo piene dei partenti - pezzi del mio cuore.
Grazie di tutto, my friends, ma soprattutto








grazie per le lacrime.




Farewell, amici miei.

domenica, dicembre 17

Che strano

Farewell, my friends.
Kristian, saralla, mathilde, carlos - la lista si allunga e comincia a includere persone importanti - è strano pensare di chiamare come sempre la gente per cena e ricordarsi che alcuni non sono più qui. Sì, è un sentimento simile al lutto (grattatevi pure, io lo sto facendo), ovviamente leggero ma in qualche modo simile.

Comunque, passiamo al piatto del giorno: il destino.
Io credo nel destino (tu! metti almeno la mano davanti alla bocca, se sbadigli - e tu che vuoi? Sì, puoi andare in bagno). Dicevamo? Magari qualcuno crede nella stessa cosa, ma la vede come congiunzione di una serie di scelte, qualcuno lo chiama dio, qualcuno sfiga o fortuna. Dopo avere letto, dategli il nome che volete - a me piace chiamarlo destino.

Allora.
Per me il destino è praticamente tutto ciò che non dipende da me. Ed è più forte la sua presenza in ciò che non mi aspetto. E comunque, una volta che un certo evento accade per destino, a quel punto spetta a me la scelta su come comportarmi.
Questo ha l'effetto di eliminare una serie di pippe mentali del tipo "ma se le circostanze fossero diverse", perché non possono esserlo (vabbè che non serviva un genio per questo), e al tempo stesso eleva la situazione attuale a unica, stimolante e splendente in virtù della sua unicità. E più attraente da vivere. Pensare che quello che accade non accade per caso mi fa proprio tirare su le orecchie, aguzzare la vista (e unire i puntini). Mi dico, se è successo ci sarà un motivo!: quello che devo fare è scoprire qual è. Un esempio semplice è quando camilla mi ha proposto di andare a rotterdam: prima di tutte le considerazioni pratiche, valutazione delle alternative e persino prima di capire se avevo effettivamente voglia di andarci oppure no, mi sono detto: perché no? Se una proposta del genere - indipendente da me, e inaspettata - mi viene fatta, di sicuro ne potrò tirare fuori qualcosa. Quindi, si va. O anche incontrare per caso una tipa che conosci (e anche qui, penso sia comprensibile come l'inaspettato giochi un ruolo importante) per la strada: invece di limitarsi a un ciao-ciao, invitarla per un caffè o qualcosa del genere. Non estenderò la cosa a un livello superiore, del tipo: le persone che ho conosciuto, le ho conosciute per destino, perché, per quanto affascinante, la cosa perde di utilità pratica.
Tutto chiaro? Ci sono domande? Oh che bello vedo una mano alzata! Come? Ah. Sì, puoi andare in bagno.
(pensavo avrei avuto di più da scrivere, certo potrei scrivere lettere a caso per vedere se qualcuno effettivamente legge ciò che ghdfiohf dfhgfvncmca sadp0)
Well.

Ieri sera ero talmente ciucco che oggi mi sono svegliato senza ricordarmi di essere andato a letto, per di più vestito, per di più con le scarpe e - questo è il particolare da dieci e lode - col cappotto.
Devo smettere di bere.

Cheers, my friends.

giovedì, dicembre 14

(untitled)

E' un gioco.

E come tale - ha delle regole.

E' un gioco: il debole e il forte.

E come tali - il forte decide le regole - il debole le accetta - oppure no
(e questo è l'unico potere del debole).

E' un gioco: il debole e il forte - e le regole chiare.

E come tale - il debole non ha modo, non ha ragione, non ha diritto di lamentarsi - di dire "ma io pensavo che".

Perché è un gioco: il debole e il forte - e le regole chiare - ma i baci veri.

Ma in quanto tale - il debole si rivelerà debole.

In questo gioco: quello stronzo del debole, quello stronzo del forte - le regole dimmerda - ma i baci bastardi, tanto sono veri.

E tutti possono vedere che in quanto tale - il forte - quello stronzo - perché dovrebbe cedere? - è il padrone del gioco.

E' un gioco: il debole e il forte - le regole - e i corpi: si avvicinano, non troppo - si allontanano, mai troppo.

E in quanto tali: cederanno prima o poi. Forse mai.

E' un gioco: e la musica picchia nel petto.

E in quanto tale - la musica - la musica non dovrebbe fermarsi mai - ma lo farà.

E' un cazzo di gioco in cui è solo il forte che decide le regole - oggi sì - domani no.

E in quanto tale - il debole pensa "ma perché" - e pensa "è ingiusto" - ma conosce le regole - e tutto quello che può fare è guardarsi in uno specchio - negli occhi, direi - e dirsi: "sai ciò che puoi avere - e non avere - e i prezzi da pagare" - ed è solo lui che può rispondersi, alla domanda

"vuoi continuare a giocare?"


Mentre il forte balla e balla, sotto le luci è splendido - e il ricordo dei baci così vero - e il debole - al bancone del bar - mani nervose mentre beve la sua birra - lancia sguardi che il forte sta attento a non ricambiare - o forse sì - ma saranno sguardi in cui c'è scritto




Le regole le sai.



(solo un maledetto gioco - solo parole - solo baci - solo la tua mano sul mio viso - la mia sulla tua schiena - i corpi - i nostri corpi - così vicini)
(solo musica, e birra che scola, e luci)
(solo voglie)
(solo foglie - sotto le scarpe svelte - sotto la pioggia - sotto le scarpe svelte bagnate di pioggia)
(nei pensieri del debole - fulmini leggeri mentre pensa ad altro - a ricordargli del forte - dei suoi occhi mentre si salutavano - della sua mano lesta a stringere per un istante la sua - bastarda - dei suoi occhi ironici a ricordargli ancora una volta chi è il debole tra i due - bastardo, che altro non sei)
(solo voglie - solo voglie maledette)
(ricordi del cazzo)


E il debole beve vino - il forte fuma erba - il debole beve, in una casa con le luci di natale accese - il forte fuma, in una stanza con le foto sulle pareti - il debole fuma erba, al tavolino di una casa disordinata - il forte beve vino rosso, sul letto di una camera colorata - fumo vino forte debole debole forte vino fumo febole dumo vorte fino ferto veboni fertole vuno.


(stasera ti farò vedere che posso essere forte anche io - non ti cercherò, non ti cercherò)




(e domani troverò ancora una volta - una scusa per venirti a trovare)




Solo un gioco.

martedì, dicembre 12

Stasi

Sono vivo.
Forse.

In una stanza disordinata - a fumare da solo - oasis nell'ipod di tim.
Con un amico senso di inutilità - mancanza di calci in culo, pigrizia.
Sono stato in erasmus, e non mi ha cambiato la vita - forse.
Le persone cominciano a partire, si piange - ma dove sono le mie lacrime?
(in un'altra epoca, già dieci anni fa forse, sarebbe tutto diverso, piccole le possibilità di rivedere e anche solo di risentire certe persone, più intenso il sentimento del distacco)
Parlavo di cerniera: è proprio quello che sento che succederà. Vedo mia mamma, alla stazione, così come mi ha accompagnato quel 18 agosto. La cinquecento gialla, la sua probabile contentezza, le mie sensazioni nel rimettere piede dentro casa mia. E tutto quanto inghiottito nei mulinelli di cenere e residui che il regionale orte-terni si porterà dietro, ultimi stracci di sogno. Ecco, ho la sensazione che tutto questo mi sembrerà solo un sogno - in senso tecnico: onirico - non esteso - esperienza emozionante. Chi sa.


Una persona è partita, ieri.
Non so se ne sento la mancanza. Sono combattuto tra il "chi se ne frega - dai non pensarci" e la mia patologica tendenza ad attaccarmi ai sentimenti che provo, quando li provo, brevi, a tirarli per la manica, a farli restare - anche quelli bastardi. Nel caso particolare, ciò si traduce nel farsi un mucchio di seghe mentali fondamentalmente inutili. Però oggi mi è mancato andarla a trovare, fumare insieme e tra le parole pensare di volerla baciare. Ahem. Prima o poi questo blog diventerà dominio pubblico anche dei miei amici erasmici, quindi fermiamoci, va. Eppoi insomma, non vorrei farla troppo tragica che così tragica - in effetti - non è.

Mh. Ho scritto due paragrafi senza dire nulla di interessante. Vediamo di svoltarla, con un annuncio rivoluzionario. Giovedì sera, pare che andrò a rotterdam, da solo, a trovare camilla e conoscere i suoi amici e a ballare all'off-corso. Solo un po' di tempo fa, mi sarebbe stata la cosa più facile del mondo. Adesso invece - che certe volte è così difficile lasciarmi andare - che la voglia di nulla è spesso così imbattibile - che qualsiasi proposta anche vagamente rischiosa porta il mio cervello a formulare scuse per non farla spesso improbabili - mi sembra una buona idea. SVEGLIAAAAAAAAAAAAA!!

Yawn.

Snooze.


Eccola! Scrivendo, ho trovato la parola che descrive il mio stato di vita attuale! Bastardi, avete assistito làiv a un momento di autoconoscenza (coro: e sticazzi?): la parola è SNOOZE. E' perfetta. Ogni tanto suona qualche sveglia, nel torpore dei miei giorni così normali, e io magari apro un occhio, e medito anche sull'idea di alzarmi e fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma poi ecco, ci medito e basta e dopo un po' tutto ciò che riesco a fare è allungare la mano e premere SNOOZE: risuona tra dieci minuti, voglio dormire un altro po'.


Ed è giusto così?
Direi di NO.


Dov'è lei, che arriverà scuotendo un campanaccio da mucca, sferragliando catene, e battendo col cucchiaio sulla pentola, fino a quando non mi sarò alzato in piedi e felice di esserlo? Dov'è lei, l'Occasione, la donna, il luogo, il treno, la sveglia che non potrò, riuscirò, vorrò, snoozare?
Shit.
(non riesco a scrivere come vorrei - immagino traspaia)


Au revoir.

giovedì, dicembre 7

Pena de l'alma (digressioni poco brillanti sul tema dell'identità)

(ridendo e scherzando, e tenendo presente che il contatore l'ho messo tipo tre mesi fa, ma anche e soprattutto che metà delle visite penso che siano di me medesimo, Viva! ha compiuto mille visite. Grazie bastardi, bacini)

Ay, que pena.

Ma perché parlare di questo - sì, dai - dolore, che mi prende a tradimento in certe ore del giorno, e che tento - a volte con successo, altre meno - di alleviare pensando a ciò che di bello mi aspetta tornando in italia, perché parlare del fatto che se disgraziatamente in un posto qualsiasi mi capiterà di sentire una delle canzoni che hanno fatto la nostra storia, qui, mi metterò senza dubbio a piangere come una bestia al mattatoio, perché insistere su quanto mi mancherà tutto questo, perché. Infatti niente di tutto questo, per oggi.
Invece, affrontiamo finalmente il discorso filosofico sull'erasmus, che si avvale dei prestigiosi contributi di osservatori interni ed esterni, ultimo dei quali (naturalmente non per importanza) il buon gennaro. Allora, la domanda è:


Tutto falso, o tutto vero?
E la risposta è - ovviamente, ma serve dirlo? - [completate voi]


COME una CERNIERA (COME OLIO)
Prima teoria: è tutto falso.
Mentre passavo una notte insonne (l'ho già scritto?), circa quattro mesi fa, circa mille anni fa, nell'aeroporto di orio al serio, prima di partire il mio orologio si è rotto. Bloccato sulle due e tre quarti eiem. Beh, io credo nel destino, o almeno in una sorta di tale (azz - ho già trovato il tema del prossimo post), e una cosa del genere ha la capacità di lasciarmi di stucco e pensare "questo mica lo riparo, lo lasciò così" - a segnare quando il tempo ha letteralmente smesso di scorrere quando sono partito per l'olanda. Nel momento in cui tornerò in italia, lo riparerò, e il tempo tornerà buono buono a scorrere, dal momento esatto in cui ci siamo lasciati, la cerniera si chiuderà su questi cinque mesi d'irrealtà - ZIP! - e tutto tornerà normale. Ci riprenderemo per mano e mi accompagnerà ancora una volta a scuola, il tempo. Sarà - perdonate la mancanza di altre parole per dirlo - un risveglio - perdonate, ma è proprio quella, l'immagine - svegliarsi la domenica a mezzogiorno con il sole che sguazza nella stanza, stirarsi e restare lì, con il sapore del bel sogno nel palato e davanti all'alzarsi dal letto una giornata senza pretese.
Entrando nella parte tecnica, qui tutto è effettivamente falso. Lo stile di vita, gli atteggiamenti, i dialoghi, i rapporti con le altre persone. Nell'ordine, il primo perché è troppo schizzato, certi giorni estremo, certi giorni surreale - di vera vacanza, i secondi perché l'organismo si è forse reso conto da solo che qui si possono esprimere cose che a casa non si possono o riescono e ha deciso di cogliere l'occasione (scrivo organismo per non scrivere inconscio - che preferisco un'immagine muscolare che una cerebrale), i terzi e i quarti perché così superficiali, davvero, ci sono persone con cui "passi più tempo" o "più divertenti" ma non amici da dire tali (con le dovute eccezioni, of course). Certi giorni le dinamiche della maggior parte dei miei scambi di battute mi lasciano stupefatto per la loro inutilità: did you enjoy the party yesterday - are you going out tonight - how is your study going. E la risposta a qualsiasi domanda - com'era il viaggio, la serata, la birra, o qualsiasi cosa - è sempre Great, Good fun, Crazy - e così via. Irreale, falso. Ma non in modo fastidioso, per me. Ci sono persone che davanti a questa mancanza di (come chiamarla?) verità, probabilmente scapperebbero via disgustate oppure urlanti. Io l'ho semplicemente presa come una delle regole del gioco-erasmus, una condizione fisiologica per la quale non si può essere diversamente. E come tutti sapete, bastardi, a me certe sfide piacciono, la mia capacità di adattamento è l'invidia del camaleonte, e quindi mi sono detto: Ci sto. Non per tutti potrebbe essere così, lo capisco. Perché nulla è vero, tutto passerà senza lasciare traccia. E se il corpo umano è per il 70% acqua (appena cercato su gùgol ehm...), l'erasmus è olio. Non si mischierà, scivolerà via.

COME un FISCHIO del TRENO (COME MIELE)
Seconda teoria: è tutto vero. Fatemi fare il colto, una volta tanto, l'erasmus può essere un fischio del treno. O anche se non lo è, le conseguenze le sentirai comunque: se non ti cambia la vita, di sicuro almeno scoprirai cose nuove di te, del tuo modo di stare con gli altri, cose che non sapevi, e di cui non ti libererai mai più, o con cui dovrai comunque venire a patti. Fare l'amatriciana alle sei di mattina, ballare fino a sudare via carne e ossa, gli abbracci quelli sinceri, le occasioni inaspettate, il cielo colorato dell'olanda dopo la pioggia, la follia di qualcuno e la generosità di qualcun'altro, le confidenze e le prese per il culo, gli incoraggiamenti, qualche lacrima, i pranzi domenicali fatti alle quattro di un mercoledì qualsiasi, travestirsi e sentirsi bambini e ringraziare di avere la possibilità di farlo - one more time - , qualche notte che li abbracceresti tutti in un solo momento, chiunque ci sia, abbracceresti l'LG intera, l'edificio, proprio, il buttafuori, la barista, e cercheresti un modo che non hai, per comunciargli il bene che gli vuoi (non è proprio voler bene, è affetto, solo questo, ma non si sa come, in sfregio a tutta la superficialità l'affetto è nato facile). E poi diciamolo, sarà un caso o forse no che siano tutte italiane, ma qualche amicizia sono sicuro che me la sto riportando a casa. La ciwa pare avere trovato i suoi amici di una vita, a tenerife. Io non ho questa sensazione, e mi rendo conto di essere molto più disilluso di quanto potessi essere per esempio dopo malta 2002, non ho adesso la convinzione che continuerò a sentirmi con tutti eccetera. Ma credo - anzi, spero proprio - che, per esempio, se l'estate prossima si decide di fare una vacanza tutti insieme, ci sia gente che ci starà, e con cui passerò ancora giornate eccezionali. Tanto per dire. E qui si ritorna un po' a quel discorso che si faceva tempo fa (avete studiato, bastardi?), se questa si può dire amicizia oppure no. Non lo so, non è una questione importante. Le persone che ho incontrato qui hanno significato qualcosa per me, in un modo o nell'altro. Se le rivedrò, sarò contento, e anzi: le rivedrò di certo, perché lo voglio fare. Questo basta. Alcune le ricorderò a quarant'anni, quando con valerio pranzeremo con le nostre famiglie e parleremo dei bei tempi andati, di altre perderò l'immagine prima della prima volta che tajana mi chiederà ti ricordi di. E' miele, questo erasmus, si appiccica, e per questo lo cercherò - in qualche modo - di ricostruire a padova, per avere ogni giorno la mia razione, dose, di surrealità, mancanza di pensieri, ingenuità, stupidità, superficialità, dolcezza particolare che si distilla solo da certe piante, che ho trovato solo in olanda (se qualche bastardo prova a fare battute stupide lo banno - come se sapessi come si fa ehm...). Dicveamo che è miele, questo erasmus, che si appiccicherà su tutto il corpo, ma soprattutto sui gomiti, dove sarà impossibile da leccare via.

E allora, come dicevamo (l'avevate capito, vero, bastardi?), la verità non sta in nessuna delle due, naturalmente. Anzi (ancora più ovviamente) sta in entrambe. La cosa che può essere difficile da capire, per chi ne sta fuori, è che la soluzione non prevede semplicemente una parte di una teoria e in una parte dell'altra - le prevede entrambe, completamente e intensamente, allo stesso momento. Completamente falso, completamente vero. Forse, chi mi conosceva prima, e mi rivedrà adesso, potrà spiegare lui (o lei, anzi più probabilmente lei) a me quello che è cambiato. Che potrebbe anche essere: niente. Non ne ho idea (e francamente non è che mi interessi così tanto, voglio dire, staremo a vedere, non è che voglia saperlo prima). Questo è stato il mio erasmus (ma è comprensibile? - mi sa che ho scritto un mucchio di cazzate).


vero - come il legno - falso - come il vetro - sempre falso è il vetro - fresco - come acqua - rovente - come gocce d'olio - gocce - sporco - come un cane - e come un cane - solo - limpido - come un vetro, come l'acqua - sporco - come il legno - falso - come una maschera - vero - come i tuoi occhi - netto - sfumato - intenso - come una preghiera - mi aiuterà a crescere - mi aiuterà a non crescere - mi impedirà di crescere - intenso - come una maledizione - falso - come un ricordo - sonoro - come una campana - sotterraneo - come un fiume - scandaloso - come un pagliaccio - ricco - come un re.
Rapido - come un fulmine.












E vero - come un addio.

domenica, dicembre 3

Il mio erasmus è appeso alle ultime tre settimane

Giorni maledetti, che passano troppo veloci.
Giulia è arrivata, e ripartita - sono stato contento di vederla - johnny è ancora qui e mi dispiace che gli esami siano così vicini e non posso fare a meno di studiare, e non posso dedicargli il tempo che vorrei.
Succedono un sacco di cose, importanti o meno.
C'è stata la penultima LG, per la contentezza di togliersi la soddisfazione di baciare la francese che mi piaceva così tanto - anche se poi, almeno due motivi hanno evitato il proseguimento. Uno dei quali, è il cornutazzo francese con cui è fidanzata; l'altro ---.
(come saggiamente dice evymad, non si dice per non portarsi merda da soli).
Siamo stati ad amsterdam con giulia e johnny, e mi sono onestamente reso conto che tre volte sono anche troppe per quella città.
Valerio si è messo con simona, dimostrando che lo zerbinaggio in finale può pagare.
C'è stata una tipica cena olandese che è stata un po' una sòla, poi le foto - ed è stata una bella serata, soprattutto perché ---.
Di ritorno da una serata, abbiamo scagliato lattine di birra (neanche del tutto vuote) su chi stava di sotto (dani, filipe, belene), arrampicati sul tettuccio delle biciclette, e loro a tirarcele indietro e poi passare ai gavettoni, prima fuori e poi dentro casa, e la mattina dopo il caretaker viene giustamente ad incularcisi e chiede a tim - sorprendentemente, l'unico sveglio - Did you have a party, yesterday, e io che dal letto dov'ero in semicoma ascolto la scena e penso Ecco, ora si scusa e dice che puliremo, tim, in mezzo a una stanza devastata col pavimento allagato e un casino indescrivibile, invitato dal custode a guardare il casino che abbiamo fatto per strada, dove è pieno di lattine, c'è una maglietta, ciabatte, un piatto, un pezzo di bicicletta e delle casse del computer (che spero fossero lì da prima), alla domanda Did you have a party yesterday risponde


"no"

con una voce così finto innocente, e con quella eloquente pausa tra domanda e risposta, che mi fa mettere a ridere nel letto da solo. Il caretaker esce urlando qualcosa tipo Entro le 4 voglio vedere tutto pulito.

Gli esami sono vicini, troppo cazzo.
E devo ancora prendere il biglietto per tornare in italia, e non so neanche se sarà in treno o in aereo.
Aaaaaaagh.
E questa settimana c'è l'ultima LG, e il final gala.
Speriamo che ---.

Bastardi, io vi giuro che non saprò come fare senza tutto questo, senza tutti loro.
Meglio non pensarci - devo studiare, devo studiare.

(non voglio studiare, voglio VIVERE questi ultimi giorni di erasmus, sfasciarmi con i miei coinquilini, bere fino a star male, ridere, cantare, ballare.

E anche ---.)

A presto, forse, o forse no.