mercoledì, giugno 28

Geni del male

Mi prendo una pausa dalla scrittura della tesi per levarmi pubblicamente il cappello di fronte al produttore che ha avuto l'idea geniale di prendere i due fenomeni pop teenageriali attuali e di metterli insieme per far uscire una canzone che ha lo scopo talmente evidente e sputtanato di vendere e basta, che per quanto mi riguarda va apprezzata anche solo per questo...sto parlando di mondomarcio e finley naturalmente!
La versione punkettina di Dentro la scatola!
Che genio del male...

Coltelli e cucchiai

Era dal 1994 che non guardavo una partita in una situazione così affollata come quella della fiera di padova per italia-australia. E nel 1994, data la mia mooolto lenta evoluzione infantile-preadolescenziale, del calcio, e della vita in generale fuori dai libri e dai cartoni animati, m'importava una sega.

Detto questo.
In fiera lunedì ci sono andato con giulia e amici, troppo poca confidenza per sentirmi davevro parte del gruppo ma comunque una buona compagnia. E comunque, quello che si è rivelato importante è che c'erano all'incirca qualche centinaio di persone (a occhio, ma a far le stime sono scarso), che creavano un'atmosfera bellissima: tutti parevano convinti che i giocatori potessero effettivamente sentirli, e infatti oltre ai "nooooo", agli "aaaaaah" e alle imprecazioni varie per del piero che perde palla e gilardino che non la mette dentro, nascevano spontanei (ed estesi) applausi anche per un recupero di materazzi, per una ripartenza di zambrotta. Come a incitarli. Insomma, manifestazioni spontanee davanti alle quali a me viene da rimanere veramente a bocca aperta, nel vedere di quali ingenue dolcezze sia malgrado ogni cosa capace l'uomo del mio tempo.

(manifestazioni che nella dimensione casalinga vengono fuori inevitabilmente molto meno; questo senza naturalmente togliere nulla alla dimensione casalinga stessa (nota: cosa sarebbe di me senza i dualismi?), così atavica e tribale pure lei, nei sorsi di peroni fredda e nelle posizioni sul divano, sempre quelle, che cambiarle porta sfiga)

Comunque sia, in questo clima di applausi di incoraggiamento, vaffanculi al portiere australiano che para con i piedi le girate di toni e all'arbitro che espelle materazzi, e addirittura (questa è da paura) cori "i-ta-lia! i-ta-lia!" che si levano ad incitare i Nostri durante il difficile secondo tempo (a un certo punto ho pensato davvero che potessero sentirci, a kaiserslautern), insomma, in questo clima che già dava degli embrioni di emozioni, ecco, in questo clima festoso anche nella sofferenza sportiva, si è arrivati al rigore di totti, tutti in piedi a guardare gli occhi di totti che si preparava a tirare, tutti probabilmente a pensare Se fa il cucchiaio io piglio il coltello e l'ammazzo, e io in quel momento dato il personaggio (totti, intendo) ero praticamente convinto, che l'avrebbe fatto, il cucchiaio, che il portiere l'avrebbe parato, e che questo avrebbe rovinato la gioia bestiale che poteva uscire da quella partita, e che sarebbe stato - non dico ingiusto - ma davvero uno spreco, questo sì.

E invece.

Totti ha tirato una pizza - ma una pizza! - proprio all'incrocio dei pali, dimostrando di avere, almeno nella circostanza, due palle quadre. Una bomba! Dentro quel pallone, dentro quella traiettoria imprendibile, nell'onda alta di mani e di bandiere urlanti e sventolanti a coprire il fischio finale dell'arbitro, nel sentirsi parte di quel mare festante, ma festante davvero, contento - non un sorriso: una risata, e non una risata: un urlo - in quella vera felicità, e per di più felicità condivisa con degli sconosciuti, con un mare festante di sconosciuti, e in quel pallone, in quella PIZZA tirata da totti all'incrocio dei pali, in quel pallone che pareva urlare, urlare!, mentre compiva il suo destino dentro quella rete, ecco,
io,

mi sono emozionato. Anzi, con due z: emozzionato.

E ho scoperto che ciò che sa emozionarmi, è ciò che non mi aspetto.
E che l'uomo, la donna, l'umanità, ha mille modi per sorprendermi, e li tira fuori quando meno me l'aspetto. Ed è capace di emozionarmi, oh yes.
(Sorridevo da un orecchio all'altro, credo).

Ho scoperto che cinque, dieci minuti dopo, ancora ero in piedi che applaudivo. E dopo sono rimasto lì, seduto, disfatto, stracontento, finché tutto non è finito, a godermi la gioia della gente intorno che usciva per andare ancora a festeggiare, nella selva di clacson e cori che già da fuori si sentivano.

Contento.


E pensare che io, totti lo odio.

lunedì, giugno 26

Sguardi senza scatti

La scoperta scientifica del momento, seguita a una rivoluzione copernicana del punto di vista (è proprio il caso di dire: punto di vista), e che risponde a un interrogativo credo precedentemente posto in questo blog è:

non necessariamente gli occhi si muovono a scatti.

Credevo il contrario finché tenevo la testa ferma e provavo a farli girare per l'ambiente: il movimento inevitabilmente non risultava fluido. Invece, tenendo lo sguardo fisso su un punto, e muovendo invece la testa, risulterà palese come il movimento degli occhi sia continuo e senza scatti. Per la dimostrazione finale, mettetevi allo specchio e come punto di "ancoraggio" prendete il riflesso degli occhi stessi.

Me lo danno il nobel secondo voi?

venerdì, giugno 23

Torto marcio

Sorvolerò,
sul fatto che la mia quota messaggi si è notevolmente abbassata e continuerà a farlo. Ho troppo da fare, sorry. Estate infame in cui l'umidità è seduta col culo su padova, guarda giù e bastarda sorride.

Ho avuto una discussione sorprendentemente civile con il nostro regista (non che né io né lui siamo particolarmente selvaggi, di solito), il che mi ha fatto riflettere su come la capacità di ascoltare, la capacità di parlare e lo stile nel farlo possano essere del tutto slegate dai concetti che si vogliono esprimere, il che fa rispettare una persona anche se esprime idee del tutto opposte alle nostre. Banale? Forse sì, ma a me quest'episodio ha colpito.

Il tema della faccenda è semplice: dopo l'n-esima prova in cui qualcuno ha dato buca all'ultimo minuto, ho pensato (come le altre volte) che forse era il caso di parlarne, ma stavolta l'ho effettivamente fatto (suppongo e spero non aggressivamente). La mia idea è:
se c'è un progetto in ballo, bisogna stare appresso alle persone, accertarsi che mantengano gli impegni, prendere provvedimenti se non lo fanno (tipo rimandando le prove) e così via. Cioè, secondo me rientra nella natura intrinseca dell'Organizzatore farsi un culo così perché le cose vadano per il verso giusto. Alla base di quetso mio modo di vederla c'è l'assunto che è fisiologico, che i messaggi non passino a tutti o ad alcuni dei partecipanti al progetto (soprattutto i paraculi o quelli che se ne fregano, ma anche agli altri): è normale, che la gente si dimetichi (o faccia finta di dimenticarsi) che ci sono le prove, che bisogna portare abiti e oggetti di scena, che bisogna imparare a memoria una certa parte di testo. Quindi, compito dell'Organizzatore è farsi il culo perché cose del genere succedano il meno possibile.
E questa è l'idea mia.


Ora, lui non ha ribattuto dicendo cose tipo "Ah ma guarda che io ho fatto tutto il possibile poi la colpa è di chi non viene", cosa che rientra nel più ampio (e diffusissimo) sistema difensivo, che si può riassumere così:
1)Tu mi accusi ("accusi") di qualcosa.
2)Allora io assumo (immediatamente, e spesso acriticamente) il tuo punto di vista...
3)...e cerco di giustificare il "fallimento", e di analizzare le cause, attribuendo la colpa (questo non è importante) a me stesso, o più spesso a qualcun altro, e tutto ciò secondo quel (tuo) modo di vederla.

Invece lui:
ha saltato del tutto il punto 2 (e quindi il 3), proponendomi invece il suo punto di vista, dimostrandomi così di possedere una sua autentica visione delle cose, senza stare semplicemente a giustificarsi rispetto al mio sistema di riferimento.

Metafora: è come se io gioco con tre attaccanti e tu mi vieni a dire: ma come: questo non è un 4-4-2 (tuo sistema)! Io dovrei rispondere: e grazie, è un 4-3-3 (mio sistema). Ma il pianeta pullula (pullula!) di gente che piuttosto (e non saprei spiegarmi perché) cerca di convincerti che effettivamente il suo è un 4-4-2. Forse anche solo per amor di polemica, o per dirti che "hai torto", invece di spiegare effettivamente quello che pensa.
(che schifo di metafora, vado sempre peggio)

Comunque, l'idea del regista è:
a me non interessa correr dietro alle persone, le quali sanno da sole se devono responsabilizzarsi o meno. Se ognuno lavora in modo sufficientemente serio, il progetto arriva in fondo, altrimenti no (o almeno, in modo non completo). Fine.

Idea completamente opposta alla mia, ma io, dopo che ha finito, ho capito come effettivamente stanno le cose. Anzi, è lui che mi ha fatto capire come stanno, invece di parlare a casaccio di improbabili giustificazioni. Tra l'altro, ora io so esattamente cosa aspettarmi, e scusate se è poco.

A presto, spero.

lunedì, giugno 19

Fino ad esaurimento: no

Una regola assai discutibile ma che in una visione romantica del mondo ci sta tutta è: lasciare quando si vince. Non sarà chi sa che novità, ma penso sia poco applicata: molto più spesso uno tende a spremere fino alla fine il buono che ha (e poi a scelta o lo butta o se lo tiene così com'è), e cerca qualcosa di nuovo solo dopo l'esaurimento del vecchio. Tipo: i musicisti che continuano a suonare, i calciatori che continuano a giocare. Andarsene a sorpresa, invece, ha innegabilmente molto più fascino: è epico, commovente, a volte eroico. Lascia, dietro di sè, un ricordo molto più intenso rispetto a quello di colui che se ne va dopo aver detto tutto, perché sarà inevitabilmente e per sempre legato al "ciò che poteva ancora succedere" ed invece non è successo, alle parole che potevano essere ancora nuove. Lascerà un senso di potenza (nel senso di potenzialità), un po' di amarezza, e quindi un ricordo più vivo (complice anche una certa eventuale idealizzazione).
(ah: "partire" può anche voler dire "cambiare", anche se ovviamente così ha un significato più debole)
Quindi, a seconda di quanto vi interessa essere presenti nel ricordo delle persone che incontrate, questo tenetelo presente. Lasciate quando state vincendo, sorprendete, resistete alla tentazione di spremere la situazione fino in fondo. Lasciate la bottiglia piena almeno per un quarto. O se proprio volete partire alla fine dei giochi, se non altro partite all'improvviso. Dando poco preavviso. Bottiglia vuota, ma buttata via di scatto, colpo secco.


Vado a pranzo.

Se matrix

Matrix è secondo me un film, come dire, interessante. Al di là della inevitabile commercializzazione (in quello che voglio dire i sequel(s) non c'entrano) spettacolarità (comunque apprezzata), e del livello "superficiale" di trama (anche questo molto ben costruito, e originale), quello che mi ha preso di più della faccenda è stato il livello un pochetto più sotterraneo, riconducibile in finale alla scelta "verità e (rischio di) sofferenza contro rifiuto di essa per vivere in una rassicurante e morbida illusione". Per dirla con un linguaggio démodé: il tema è a me molto caro.

Però:

Se matrix lo avessi sceneggiato io, lo avrei impostato in modo un po' diverso. Avete presente il tipo inutile e sostanzialmente liquidato come vigliacco che tradisce neo e amici pur di tornare nella matrice perché lui nel mondo "reale" proprio non ce la faceva a starci? Ecco: quell'omino lì ha un ruolo appunto marginale, serve per far procedere la trama principale e induce anche qualche riflessione, ma secondo me ha molta più importanza di quella che gli viene data dai fratelli Wachowski. Per me il film poteva essere impostato proprio come la storia parallela di due tipi (magari mettendone uno un po' più attraente di quello di cui parlavo prima, accanto a mr. reeves), entrambi coscienti dell'esistenza del mondo reale, ma che alla fine sceglievano le due diverse soluzioni (reeves restare nel mondo reale e combattere per "svegliare" gli altri, l'altro tornare in matrix e godersi la fittizia vita ideale (magari senza mettere in mezzo il tradimento)) e mostrare le motivazioni di entrambi (senza far diventare il film una palla, naturalmente), non classificando come viltà un comportamento certamente non eroico, ma senz'altro estremamente umano.


Poi magari nel due e nel tre si poteva parlare dell'imperativo categorico e della morale kantiana in generale...

Ciao bastardowski

venerdì, giugno 16

Lui la guardava

Lui la guardava, nella mezzombra di una stanza da letto.
Lei era carne morbida, e sangue impazzito, odore di notti scure, e sudore spremuto dalle illusioni di decine di uomini; il suo seno: una forca; i suoi occhi: l'abisso. Anche vestita sembrava nuda, portava nelle labbra il veleno rosso del possesso, era potente come la saetta e leggera e cattiva come un istante perduto. Lei era al di sopra del tempo, e dentro ad ogni spazio, dentro ogni testa che l'avesse mai vista passare e ora mai più la potrebbe dimenticare, ti straziava i pensieri, e ti poteva uccidere inarcando la schiena, era miele dei demoni, peccato di gola di dio. Lei era ossa spezzate, aria che manca, vetro tra i denti. Lei era così bella da farti urlare, e URLARE, e UR
L
ARE.
E urlare.

Lui - cos'altro doveva fare? - urlava.

giovedì, giugno 15

Giugno

Perché dallo specchio mi guardi,
e sei sempre uguale.
Nei riflessi delle vetrine,
nei bicchieri di vetro,
nell'acqua delle pozzanghere.

Sempre uguali,
questi occhi.
Che non molto mi comunicano.



Che caldo, oggi.

mercoledì, giugno 14

Mi giustifico!

Quanto mi piace il mio blog!
Mi rispecchia proprio.
Rileggo i miei interventi e non li capisco neanche io!
Ah! Ah!
Chi ha riso?
Non c'è niente da ridere, bastardi.
Sei stato tu in terza fila? Guarda che so dove abiti, stronzo.
Io mi capisco benissimo.


Forse.

Tra l'altro, la scoperta scientifica del giorno è: gli occhi si muovono a scatti, non in modo continuo. E' strano, no? Io pensavo il contrario...forse in una stanza di colore uniforme, senza "punti di aggancio" per la vista ci si potrebbe riuscire, a muoverli senza scatti. O forse con molta concentrazione. Mah.

Comunque
Spesso ci sentiamo in dovere (è iniziata la parte seria cari miei, mi dispiace) di fornire giustificazioni per qualche nostro comportamento. E questo è un atteggiamento profondamente disonesto (e spesso anche piuttosto inutile), che cerco di combattere in me stesso e sul quale vorrei far riflettere anche voi testacce vuote. Quello che voglio dire è che le cosiddette giustificazioni nascondono in realtà spesso motivazioni di altro tipo. Esempi pratici (anche se non sono tanto bravo con gli esempi) ce ne sono in campi talmente diversi che meriterebbero (-ebbero, e basta, non preoccpuatevi) discorsi ognuno a sè. Tipo: perché stasera non esco con te. Oppure: perché sono stato meno bravo di te, perché "mi hai battuto". Oppure: perché sto in silenzio, oggi.
La ricerca della giustificazione appare un procedimento automatico, addirittura come l'unico possibile, in certi casi. Non ci si domanda neanche, quale sia il motivo vero: si aprte istintivamente e istantaneamente con la ricerca di una giustificazione più piacevole, più "socialmente accettabile": non esco perché Ho da studiare, piuttosto che semplicemente Non mi va; mi hai battuto Perché mi fa male un piede, o Fa troppo caldo, piuttosto che semplicemente tacere. Sto in silenzio perché "oggi sono distrutto", piuttosto che Non ho voglia di parlare punto.
Io mi rendo conto che una volta di più i miei discorsi sono abbastanza estremi, e fondamentalmente sterili, e riconosco l'inevitabilità, e tutto sommato il buon senso, che sta dietro a queste risposte "di cortesia".
I mio intento però è quello di passare da casi poco realistici per indurre la riflessione sui casi "intermedi", quelli in cui la ricerca della solita giustificazione ce la possiamo anche risparmiare.
E questo è l'invito.

Perché lo faccio?
Perché mi viene da farvi pensare a queste cose fondamentalmente (lo so anche io) inutili?
Uno: Perché ho superato una certa soglia di autocoscienza, oltre la quale lìautocoscienza stessa, che prima era fondamentalmente una croce e basta, comincia ad essere piuttosto divertente, e vorrei mostrare anche a voi come si vede il mondo da questo punto di osservazione qui, e per raggiungerlo è necessario magari non il raggiungimento ma sicuramente la ricerca dell'onestà. Anzi, meno ancora: la consapevolezza che l'onestà esiste. E sapere cosa, è onesto; poi, potete comportarvi come vi pare, bastardi. Però se conoscete consciamente qual è il vostro vero pensiero quando agite, è tutta un'altra cosa. O almeno, per me è così. E per fare questo il ripulirsi di un po' di giustificazioni mi sembra un passaggio utile.
Due: Perché odio "il solito", e un elemento così marginale nel mondo come john doe, o come la musica di capossela o dei radiohead (ma soprattutto john doe) mi ha fatto capire che il cambiamento, in questi sensi, va sempre assecondato, perché sempre ha un significato, e va scoperto, piuttosto che sterilmente rifugiarsi nel solito e rifiutare il nuovo. E sicuramente, cancellare un po' di "giustificazioni" renderebbe certi dialoghi meno "soliti" - pardon - del solito. Tutto qua.

Che palle? Almeno sono stato più breve del solito...
Anzi, ho un buon proposito: la ricerca della brevitas, in questo blog. Ma non vi prometto niente.

Ciao, stronzetti.

sabato, giugno 10

Usa la Forza...

Seduto a sbrodologgare in questa sera di sabato, lo so che è antisociale ma voglia di uscire zero.
Argentina-Costa d'Avorio 2-1. Peccato!
Rileggendo oceano mare, e ho finalmente trovato un degno sottotitolo per il blog.
Fare parkour è come mangiare la carne con le mani (di questo ne riparliamo ma intanto me lo scrivo che se no me ne dimentico)



Ordunque.

Voglio una donna forte.
Credo di non averne mai conosciuta una.


Il che apre innanzi tutto una serie di questioni a priori (io me ne rendo conto, ve lo giuro, di essere mortalmente noioso, anche lessicalmente, ma che ci vogliamo fare? Sarete interessanti voialtri stronzi. Ma guarda te) tipo: ma quando ne incontrerò una me ne innamorerò a prescindere, solo perché è l'unica che io abbia conosciuto ad essere così? La mancanza di concorrenza potrebbe generare meccanismi sentimentali piuttosto buffi, direi. Comunque, non si trova. Colei che più si avvicina all'idea è lady giulia. Però l'idea, intesa in senso proprio iperuranico (lo so, lo so che sono noioso) è ancora abbastanza distante. Ma che vuol dire forte? Nel caso qualche appassionata lettrice si stia emozionando tutta pensando "oh magari sono proprio io", provo a spiegarvelo (provo non perché dubiti dell'intelligenza di voi idioti ma perché dubito della mia capacità espositiva, eccheccavolo state sempre a fare polemica). Innanzi tutto, fuori tutte quelle che hanno pensato "oh magari sono proprio io". Eliminate. La dolcezza nella donna dei miei sogni (ma anche dei miei incubi) deve essere presente, senz'altro, e non "solo in certi momenti" ma sempre (quasi sempre in realtà). Però non come gusto principale, ma come un sapore aggiunto, come il peperoncino nel cioccolato (che poi tanto dolce non è, mi sa che ho sbagliato esempio, comunque, in quel modo lì. Come il basilico sul pomodoro, ecco). Ci sta da dio, è fondamentale, ma non è il sapore. Insomma, il luogo comune glorificato da the club in Sei dolce o aggressiva-Risposta: Tutt'e due non va per me inteso come A volte l'una-A volte l'altra ma come Sempre Entrambe. Chiaro? E già questo rende la ricerca abbastanza difficile.
Tra l'altro, scusate, sono partito dalla dolcezza, che non è proprio la cosa principale: parliamo piuttosto della forza (della Forza), che è la vera protagonista della faccenda. Forza vuol dire: prima di tutto, principalmente, fiducia in se stessi. Io ho fiducia in me; mi capita raramente (molto raramente, in realtà) di chiedere aiuto se ho qualche problema (non tanto per orgoglio, quanto proprio per non necessità), e viceversa sono abbastanza incapace di consolare i miei amici (scarsa empatia), preferendo un'analisi razionale della faccenda e le possibilità pratiche di risolverla (mi viene spontaneo così). Mi piacerebbe trovare una donna che sia di fondo così. Che si fidi di me ma non si affidi a me. E non si butti giù, questa è una cosa importante. Voglio una donna che sia caduta e si sia rialzata un numero sufficiente di volte da avere imparato a farlo, anzi no, da avere imparato a provare a farlo. Mi basta quello. Io voglio essere lì per lei, sempre, esserci per lei, ma non voglio, come dire, disturbarla. Voglio che lei stessa sia la prima persona a cui rivolgersi. Anche nel dolore. Ripeto, ci sarò sempre, ma solo dopo di lei, mai prima di lei, se non sarà lei a volerlo. E vorrei che anche per lei fosse così: che prima, in qualsiasi cosa, considerasse se stessa, e solo dopo me, e il mondo. Ma prima, se stessa. E qui mi sa che è poco facile da capire e altamente fraintendibile, speriamo bene. Specifico almeno questo: naturalmente parlo di "idea di fondo", non deve mica essere sempre così, kazzarola neanche io sono così inumano da capire che non può essere sempre così, soprattutto nelle faccende negative (e anzi, sarà dolcissimo quando non lo sarà). Solo, di base, mi piacerebbe che così fosse. Che fatica, trovare le parole.
(Tra l'altro, ora ho una surreale e straordinaria immagine mentale di un Indovina Chi gigantesco, con le facce di tutte le donne del mondo, e io che vado in giro tipo in motorino tra le file e file di teste a buttarne giù certe sì e certe no. Ma torniamo a noi).
Che altro vuol dire forza? Entusiasmo, direi. Sì: Entusiasmo! Credere, oltre che in se stessi, in quello che si fa, e anche essere aperti alla novità, e quando si fa qualcosa (persino, se possibile, quando si è costretti a farlo), cercare di farlo sempre bene, e con voglia, e (sor)ridendo. Nota bene: quello che mi importa non è (anche qui) il riuscirci, quanto il provarci. L'essere così di fondo. Poi se non ci si riesce ma si vorrebbe, oh, io sono qui apposta per provarci insieme.
Ok. (è un po' troppo fascista, fino a qui?) Un'altra cosa, vuol dire forte: vuol dire Difficile, credo. Sicuramente, più una persona è forte più è difficile. E meno ti fa addormentare. Immagino la dolcezza di rientrare a casa la sera e trovare una donna che non è quella di cui vi parlo, ad aspettarmi (o aspettare che ritorni lei), e baciarsi, e fare l'amore, e sentirsi protetto, e consolato. E immagino l'altra dolcezza di rientrare a casa la sera e trovare invece la donna di cui vi sto parlando (o aspettare che ritorni lei), e baciarsi, e fare l'amore, e sentirsi vivo.
(e qui passo con il mio motorino a buttar giù tessere, su tessere, su tessere). Scelta mica facile, tra l'altro, tra le due. Però, per quanto le sirene (le creature, s'intende) del sonno e della consolazione siano sempre tentatrici, ho deciso che ci proverò, almeno, a non cedergli. Bene.
Dunque, che altro c'è nella forza? Il fisico, c'è. Il corpo. Forza è credere nel rapporto fisico, nel gesto, nella lotta, nel sesso. E soprattutto: nella lotta, prima che nell'abbraccio. (Ma poi anche l'abbraccio, eh). La precisione, in un certo senso, del rapporto fisico: concedergli i momenti esatti (oh: non parlo solo di sesso, anzi, in realtà soprattutto di altro), senza la ricerca continua del contatto ma naturalmente senza negarlo. E comunque, una donna forte, il fisico ce l'ha nello sguardo. Sì, nello sguardo, e allora? TU! Laggiù! Guarda che ho sentito benissimo che hai detto Che cazzata! E poi hai detto qualcosa con Tette ma non ho capito bene...non riprovarci, sai... (stronzo). Ecco, con la donna dei miei sogni/incubi il fisico starà nello sguardo.

L'immagine è: io e lei, spalla contro spalla, in armatura medievale ma con la visiera dell'elmo alzata, sporchi di sangue, pronti a rimetterci a combattere, sotto un cielo stralimpido e con nemici dall'aspetto mostruoso tutto intorno. Uno sguardo con dentro tutte le parole che non avremo bisogno di dirci, giù la visiera, e si riprende a combattere.

(che faticaccia, descrivere un'idea, porca vacca, secondo me magritte era un G-E-N-I-O, lui avrebbe detto quello che io ho detto male e con parole al tempo stesso insufficienti e ridondanti con una semplice tela di un metro di lato con disegnati esclusivamente bicchieri, cieli e rocce. Che genio.)

Però mi sa che ho trovato un bel finale per la faccenda che stava in effetti diventando un po' lunga: non parlerò nemmeno di onestà (del mio concetto di onestà, che anche qui mi sa che ci dovremo ritornare), e di inclinazione al dialogo, e di bellezza, e di cose più banali come intelligenza (che parola orribile) e gelosia. Mi limito a questo, che forse è anche già troppo: riconoscerò la mia donna, perché avrà

il suo corpo nello sguardo, e in quello sguardo la sua forza.



Ci sono ancora tessere in piedi?

venerdì, giugno 9

Dove siete finite, bastarde?

(subito: mettete su Diferente dei Gotan project, la sto ascoltando proprio adesso, il post l'ho già scritto ma il finale deve restare così e quindi la canzuncella del giorno ve la metto all'inizio, ciao bastardi e mi raccomando leggete)


Mi sento in forma. Welsh mi ha fatto bene, anche se è forse 'sto Porno è la sua opera meno riuscita. Anni luce da Colla, ma anche dal resto. Comunque, mi ha fatto bene. Ho deciso di svegliarmi un po', stronzetti.

(abstract) E ho voglia di invitarvi, cortesemente s'intende, a non cagar luoghi comuni. Oltre che nei luoghi comuni, s'intende. Mi spiego: io odio, detesto, rimango letteralmente esterrefatto (espressione esterrefatta: occhi spalancati, bocca che si rimpicciolisce, collo allungato verso lo stronzo, con in faccia chiaramente scritta la frase "hai veramente detto ciò che hai detto?") di fronte (zeugma) a quelle espressioni, espressione (pardon) della più malsana saggezza popolare, dalla formulazione spesso rituale e immutabile, a tutte le latitudini e in potenzialmente in tutte le bocche (anche insospettabili), frequentemente in treno e frequentemente tra anziani, ma anche spesso parlando di musica o di cinema e spesso con gente che si conosce poco bene. Esempi straclassici: le mezze stagioni che non si sa dove siano finite, qualsiasi cosa che inizi con "ai tempi miei" o equivalentemente con "al giorno d'oggi", venezia è bella ma non so se ci vivrei, ma anche frasi meno classiche ma lo stesso da restarci secchi tipo O la odi o la ami. Eccheccazzo.

(primo sottoparagrafo) Ora, se la cosa avviene per coprire un vuoto comunicativo, vi prego, evitate del tutto. Tacete. Non lo avrei mai creduto ma: sto iniziando a godermi i silenzi con le persone a cui non ho niente da dire, anzi, ci scialo (tipico esempio di scialare: un gatto sul tetto sdraiato a prendersi il sole) proprio. Un tempo, come credo la maggior parte delle persone (civili?), cercavo, in certi casi anche disperatamente, di coprire quell'imbarazzante assenza di suoni che pare tra due umani qualsiasi non debba mai esserci per dare l'impressione che tutto vada bene. E quindi via con i vari Come vanno gli esami, Che mi racconti, e con lo sforzarsi di pensare a qualche conoscente comune di cui chiedere/dare notizie. Stronzate. Penose, inutili, scialbe, inutili, stronzate. Non ho interesse per la risposta? Segue che: evito di fare la domanda. Onestà contro civiltà. Ma è poi davvero civiltà? E' socialità? Boh. Ma sto uscendo di argomento. Scusate, è che il tema è per me di attualità. Quello che c'entrano i luoghi comuni è che in queste occasioni prosperano: per la poca conoscenza reciproca e l'innato (immotivato) desiderio di riempire i vuoti di parole, si sceglie spesso la via più breve, ovvero il malsano luogo comune: l'ennesima replica di uno sketch malfatto in partenza, ozioso fumo che rapidamente svanisce e niente, niente, lascia nei personaggi, nè sulla scena. Quindi, per quanto mi riguarda, se non avete niente da dire, fatevi un buon silenzio (tranne naturalmente nelle situazioni in cui sarebbe evidentemente maleducato, eh bastardi, non mi fate troppo i grezzi che a tutto c'è un limite -> luogo comuneeeeeee!!)

(secondo sottoparagrafo) A volte invece il luogo comune aggredisce nel bel mezzo di un discorso, anche quando ormai non te l'aspettavi, e qui la questione è un po' più delicata, perché, in effetti, ogni tanto l'idea ci può anche stare, voglio dire, oggi fa un freddo del cazzo che è giugno, c'è effettivamente l'idea che le mezze stagioni ormai se ne siano andate a puttane. E' purtroppo innegabile (anche se è un luogo comune anche questo, un meta-luogo comune, che delizia) che i luoghi comuni contengano tutti un po' di verità (L'importante è la salute), e quindi, come già detto, le idee possono essere salvate, è giusto che lo siano. Il problema è come spesso succede la questione dello stile: il come far venir fuori queste idee. Allora, quando mi viene la tentazione di farla facile e buttare là quel "non esistono più...", per favore, please, frenatevi. Pensate a un'alternativa che suoni un po' meno già sentita, che fornisca un po' di novità alle orecchie dell'altro, una formulazione diversa, più strana ma anche più semplice, qualsiasi cosa purché: Non Quelle Esatte Parole. E quindi direi che Che freddo del cazzo va più che bene.

(parentesi) Che poi, porca vacca, i luoghi comuni sono moooolto più diffusi dei modi di dire tipici (alla Moglie e buoi dei paesi tuoi o L'importante è la salute), e a volte si manifestano semplicemente con associazioni nome-aggettivo o simili, ma anche qui a volte da restarci secchi. In particolare ce ne sono nel vocabolario giornalistico, di questi esemplari. Ho beccato proprio adesso sul Venerdì una citazione di Eco il quale faceva ironicamente notare che la "risposta" di qualcuno è sempre "pronta", che l'intervento è "risolutivo", che le chitarre sono "taglienti".

(conclusione) Ma comunque, bastardi cani, io ho fiducia in voi. In noi. Ce la possiamo fare, a uscirne. Bastano briciole di concentrazione, un latente autovelox della banalità.
(tra l'altro, pensandoci, la soluzione secondo me sta più spesso nel semplificare, che nel trovare elaborate espressioni alternative)
Può bastare così.


Pensateci.

giovedì, giugno 8

Questa stronzata

Questa stronzata merita un post a sè:

ma Ritornare in spagnolo si dice Revolver?

Come una coltellata nella spalla

La primavera mi sorprese come una coltellata nella spalla. Uno dei migliori colpi mai sferzati da dio. Ahia, cazzo. La luce non accennava ad andarsene, erano le sette, le otto, le undici, e io volevo essere ovunque, a suonare un pianoforte verticale, a cantare sapendolo fare, e farlo di fronte a un mucchio di gente che non bada a me, volevo, voglio, non ascoltare, non fermarmi, strafarmi d’alcool, correre veloce, sempre di più, fino a incendiarmi, ed in fiamme volare, comprare i vestiti più costosi e pacchiani che trovo, improvvisare un musical con persone che non ho mai visto prima e mai rivedrò, non bendarmi, mai bendarmi, essere ovunque, fare tutto, parlare e anche stare a guardare, voglio prendere per mano una ragazza con una cravatta rossa e in un sospiro gridarle Siamo vivi, è il giorno più bello dell’anno, è iniziata la primavera, non voglio mangiare, non voglio tornare a casa, non voglio dormire, non voglio più dormire, voglio tornare all’età del ferro, all’età primitiva, voglio che tutti parlano con tutti, tutti si picchiano e nessuno si fa male, tutti cantano e intanto ballano, senza musica o con tutte le musiche del mondo, e dell’anima. La primavera mi sorprese come una coltellata nell’anima, cazzo. La bastarda più dolce che abbia mai conosciuto, ti bacia sulla bocca e ti spezza le costole, ti guarda negli occhi e ti stende per sempre, sapore di sangue nella gola e di vino nei polmoni, di musica nelle gambe e di sale e limone sul cuore, ferro e fuoco, poesie, bestemmie, inni sacri. Voglio essere ovunque, nel centro più affollato del centro d’europa, nell’africa più infuocata, in un villaggio d’australia, voglio essere in brasile, in antartide, in riva all’oceano, a casa di mia nonna in campagna, non voglio essere in viaggio ma sentirmi a casa ovunque. Non voglio più tornare a casa. Non voglio più stare da solo, voglio essere nel mezzo preciso della danza dei corpi esaltati dal vino e resi liberi per sempre dalla primavera che li sorprende come una coltellata nella spalla, nello stomaco, negli occhi, e ancora, e ancora, coltellate nelle reni, negli zigomi, nell’anima. Voglio fumare, e che non mi faccia male, ed essere il giocoliere migliore della città. Voglio indossare una maschera bianca. Voglio volare. Però. Bastarda maledetta, perché ti porti dentro sta malinconia, eh stronza che mi significa perché in fondo a sta gioia immensa c’è questo acquarello di nostalgia, maledetta, a che cazzo serve, ahia basta coltellate dai basta che piango sì lo so che lo sto già facendo, era tanto per dire, lo so, non ci riesco a non piangere il primo giorno di primavera. Vaffanculo, io oggi vivrò per sempre.

mercoledì, giugno 7

Pentacchi!

(non contiene (quasi) spoiler)
Era inevitabile, parlare un po' di nip/tuck, mia tv serie preferita, che un giorno qualcuno fraintese come, appunto, Pentacchi, da cui il titolo.
Innanzi tutto, quasi tutti i personaggi sono ambigui, il che è intrigante: "pezzi di bene dentro a pezzi di male" (de gregori), e viceversa, ma quasi mai in modo scontato o buonista. L'imprevedibilità è il sale di nip/tuck, che ha rivoluzionato le mie aspettative nei confronti dei cosiddetti "colpi di scena", facendomene apparire molti, di film e fumetti, come banalità, al confronto di alcuni finali della serie che facevano fisicamente tirarsi su sulla sedia, e a mezza voce dire "Nooooooo..."; nip/tuck è bugiardo, sorprendente, spietato. Per non parlare, naturalmente, dei casi clinici in sè, che credo il buon ryan murphy se li sognasse la notte: inquietanti, raccapriccianti, magari inverosimili (ma l'atto di fiducia è del tutto spontaneo) e presentati da personaggi instabili, o violenti, o semplicemente pazzi. La prima serie è stata adrenalinica, e oltre a sean e christian appariva in diverse circostanze un comprimario eccezionale come escobar gallardo, praticamente il Male personificato, un uomo privo di ogni tipo di umanità (personaggio senza alcuna sfumatura, che però lo stesso riusciva ad affascinare). La seconda serie è stata un po' più interiore, con meno avventura e più drammi intra ed extra familiari, prima su tutti la storia di sean con megan o'hara, che culmina in quello che secondo me è uno degli episodi migliori dell'intera produzione, alla pari con l'ultima puntata della seconda serie (che vede per la prima volta veramente protagonista quell'altro personaggio straordinario che è il Macellaio), con quel meraviglioso "what if..." vissuto da julia sotto anestesia, e con l'episodio della terza serie in cui alla fine kit viene sfregiata dal Mac. A proposito di terza serie: gli episodi memorabili sono in realtà pochi, c'è di mezzo un po' di sociale (razzismo, omosessualità) e il tema dell'invecchiamento (che però a me personalmente piace), ma ci sono delle vere e proprie cadute di stile tipo la puntata di natale in cui tutti si vogliono bene. Probabilmente questo appiattimento è stato il prezzo per aver creato un'aspettativa enorme intorno al macellaio (chi sarà? chi colpirà? chi sarà???), ma dopo di questo averlo lasciato completamente al di fuori di alcune puntate. E poi diciamocelo, la soluzione finale dell'enigma non è che sia stata così brillante...o almeno, a me ha deluso un po'.

Ma soprattutto (arriviamo al dunque!), a me piace il rapporto tra sciòn e christian: la loro complementarità, le loro somiglianze (ci sono anche quelle...), il loro diverso rapporto con le donne e soprattutto con julia, i momenti in cui "si scambiano di ruolo", diventando uno aggressivo e cinico e l'altro sentimentale, e infine:

il reciproco stimolo a migliorarsi semplicemente osservando l'altro, semplicemente con la presenza, e soprattutto l'amicizia (con la zeta maiuscola) che li stringe al di sopra di tutti gli eventi, grazie alla capacità, ancor prima di quella di perdonarsi, di comprendersi. Ecco, sean e christian sono due personaggi che se ne combinano delle peggiori (soprattutto christian a sean, ma anche il contrario, per l'atteggiamento di superiorità (invidia?) di sean su christian), ma riescono sempre a comprendersi, non si tirano indietro quando c'è qualche casino tra di loro, neanche di quelli peggiori, e spesso, anche senza troppo bisogno di parlarne, si capiscono e per quanto si deludano o si facciano incazzare sono sempre pronti a farlo, a cercare di capirsi. E' un tipo di morale abbastanza poco convenzionale, almeno nella vita vera: quella in cui la ricerca della comprensione va al di là dei sensi di colpa, del perdono e della vendetta, e di principi morali rigidi e prefissati. Questi due personaggi hanno fatto un po' cambiare (evolvere?) la mia idea di amicizia.

Baci e abbracci

martedì, giugno 6

Intermezzo

Ooooooh....là!
Eccomi qui: culosedia manitastiera occhischermo.
Finalmente, dopo un finesettimana abbondante di silenzio, torno a scrivere, per la delizia di voi bastardi ma soprattutto mia. Perché voi non siete che sporchi bastardi, e non scrivo certo per voi. Anzi, andatevene, smettete di leggere! Bastardi che non siete altro!
(chissà se con questa psicologia inversa da asilo riesco a farmi qualche nuovo lettore...)
Comunque sia, oggi mi tengo ultraleggero e aggiorno un po' la continuity che qui dentro in realtà ce n'è ben poca e c'ho voglia di rendervi un po' più partecipi, oggi. Per coloro che ignorano, dicesi numero di continuity (nel lessico fumettaro) un albo in cui succede qualcosa che influenza in modo più o meno importante la sequenza degli eventi principali (tipo Crocevia per John Doe, le puntate con il macellaio di nip/tuck, qualche raro intervento di questo blog), legati al trascorrere del tempo, a differenza degli albi cosiddetti autoconclusivi che sono leggibili da soli a prescindere dalla trama principale (tipo Gli avvoltoi hanno fame per John Doe, la puntata natalizia di nip/tuck, o la maggior parte degli interventi di questo blog). Ecco, già mi sono perso. Dicevamo? Ah, già. Allora, ci sono state una serie di serate e giornate significative. Andiamo in ordine cronologico, va':
- giovedì sera: serata d'addio (facciamo di ciao) a martina che se ne va a fare la stagione a lignano e per quest'anno (accademico) ci rivedremo ben poco, e per quanto significato possa avere una cosa del genere detta da me, penso che un po' mi macherà. A fine serata, abbiamo infilato una sequenza di brindisi che è stato un momento veramente alto
-venerdì sera: prove, e poi terri ha dormito da noi (combattendo le Zanzare Assassine)
-sabato: teatro tuttilgiorno, e una bella serata a casa di elisa con giulia johnny terri e la coinquilina di elisa, chicca, con la quale abbiamo allegramente suonato & cantato. Io sono rimasto a dormire lì e pure giulia (ma in due stanze diverse, sigh)
-domenica: teatro tuttilgiorno, la sera ero decisamente distrutto quindi nanna
-lunedì sera: compleanno di lady g in prato della valle con dei suoi amici psicologi (simpatici assai), tra chitarra e giochi da asilo tipo UnDueTreStella. Il mio regalo è stato una cravatta, che pare le sia piaciuta.

Per il resto: sto leggendo Porno di welsh che è molto più carino di come sembrava all'inizio, ho quasi finito la tesi, oggi c'è la semifinale di pallavolo e poi ancora prove. Forse questo finesettimana mi toccherà tornare a terni, ma non c'ho mica tanta voglia.

Non ho ancora citato i baustelle qui dentro, che sono la mia passione musicale "seria" del momento...e naturalmente vi consiglio di scaricare i loro pezzi, musiche pop allegrette con testi paranoici su suicidio e compagnia. Mi piacciono da pazzi; se volete un pezzo leggero tanto per iniziare, vi consiglio Arriva lo yè yè.

Ciao belli

giovedì, giugno 1

Delirio # 2

E' il momento del delirio #2; valgono solo i commenti formativi, non consolatori. Sono semplici constatazioni, non problemi.

La ricerca dell'estetica (in senso popolare) nella società contemporanea ha la precedenza su tutto, e declassa qualsiasi altro tipo di ricerca, interiore e sociale.
Grave? In realtà non saprei. Come sempre li invidio, sti ragazzini e sti coetanei (i quarantenni ispirano solo carità) che trovano se stessi in un paio di mutande (all'interno di esse, ma soprattutto nel paio in sè).
Merda.
Li disprezzo, e li invidio da morire.
Come chiunque ottenga senza sforzo ciò che gli importa.
(e qui qualcuno potrebbe trovare un sacco di risposte)
(stanotte comincio a tagliare i sorrisi in faccia alle persone, mi sa)
E oltretutto non riesco ad andare contromoda, non del tutto, almeno.
Merda doppia.

Inoltre:
Vorrei essere uno spetattore esterno (ed eterno), guardare dal cielo il passaggio delle epoche, delle generazioni, delle storie individuali che si pigliano, si lasciano, si intrecciano, si strappano, s'incendiano e scompaiono.
Sai che bello.
Vorrei esserne al di fuori, del tutto, sarebbe bellissimo, come una sorta di grande fratello universale, essere vicino a tutti, ascoltarli, guardarli, volendo parlargli (ma non necessariamente), consolarli. Ma: essendone distaccato. Penso che riuscirei, in questo modo, forse, a voler bene: di solito, il fatto che uno dei protagonisti sia io mi crea difficoltà in questo senso: faccio meno fatica ad affezionarmi a un personaggio di film, o di libro, o comunque esterno a me, che a una persona reale, questo intendo. Sarebbe da dio, starne fuori, bere vino e stare a guardare.

Inoltre:
mi sento preda di un mondo che ha regole che non ho deciso io, non riesco ad accettarle e ho troppe inibizioni per fregarmene e fare come mi pare, e sono sinceramente disinteressato a cercare di cambiarle. E quindi, come tutti, ogni tanto tiro fuori qualcosa di nuovo e molto più spesso cerco il compromesso, e continuamente mi sento insoddisfatto, e vorrei essere più omologato e più diverso,
e sempre
perseguire
lo stile.
LO STILE!

Inoltre:
Ricerco le persone che mi piacciono, in questo mare di merda fumante (frasi che sono residui di generazione X), con la consapevolezza (ingenua?)che sempre ne troverò. Almeno, fino ad adesso ne ho sempre trovate, e senza neanche troppa fatica. Quindi esistono, io ne ho bisogno, e le ringrazio di esserci. Ma faccio parte di una razza (almeno credo, che ce ne siano altri così) per cui la vita si consuma soprattutto dentro di sè, in battaglie e tregue strappate, marce forzate e riposi brevi, è fatica bestia, e le cose che contano sono sempre quelle in cui non riesci, e quelle in cui riesci e che magari qualcuno considera pure importanti, per te invece non contano un cazzo, in cui le discese dentro se stessi per portare fuori qualcosa o sono di una difficoltà bestiale, e spesso fanno mollare (sì: mollare), o sono anche troppo semplici, ma portano fuori cose che kristo era meglio se restavano dentro. Kristo.

Vorrei essere bello.
Come il sole.
Vorrei trovare sempre le parole.
Vorrei non farmi mancare mai il coraggio,
a che cazzo servirebbe tutto il resto?
Camminare con la testa alta, a farmi baciare dal sole.
Farmi baciare dal sole sulla bocca.
E con la lingua.


Vorrei
dire Non me ne frega un cazzo di quello che pensate
o anche essere proprio come mi volete,
mi adeguerei, credo, mi starebbe bene lo stesso, ma
lo
VOGLIO.
Lo voglio.


Voglio lo stile.
E' una cazzata, dire Ognuno ha il suo stile
La verità è che qualcuno ce l'ha, e qualcuno no
(e spero, ma non ci scommetto, che non sia un diritto di nascita)
Ma è faticoso, pensare allo stile, bisogna pensarci troppo, pensarci continuamente.
Ma lo voglio lo stesso.

(e voglio incontrare una donna forte, ma forte davvero, e viva, viva!, e possibilmente con gli occhi verdi, le mani bellissime e così coraggiosa da guardarla ed urlare al cielo, e che prenda la spada e combatta spalla a spalla con me, e poi mi guardi negli occhi e combatta contro di me, ma lasciate stare che questa è un'altra storia)


La mia vita è una fatica immonda, ma non me ne frega un cazzo non me ne lamenterò mai, sono solo constatazioni, questo sono io e non posso essere altro, e mi sta bene, essere nella mia maglia e nelle mie vene vuol dire lacrime, e croste di terra addosso, e occhiate nell'abisso, e mediocrità, e invidia, incapacità di sentirsi all'altezza quando lo vorrei, prevedibilità, apatia, ma io ho sempre
sempre
sempre
SEMPRE!
CE L'HO SEMPRE STRONZI!
VOGLIA DI TROVARE QUALCOSA DI MEGLIO!
Qualcosa di meglio, dentro di me!
Kazzo!



Non mi piaccio
Non importa.
Scaverò più a fondo.



Mai smettere di spalare merda e vedere cosa c'è sotto, mai smettere di cercare di migliorarsi. MAI. E' tutto ciò che ci tiene in vita, a me e agli stronzi come me, la ragione di vita per cui arrivano le sere che ti senti una merda e le sere che ti senti dio perché qualcosa di buono, di nuovo, di bello l'hai trovato, in fondo a quel pozzo di merda, quando ce l'hai fatta a migliorarti, kazzo. O anche: quando ti riesce di commuoverti, di fronte a una cosa qualsiasi, e ringrazi dio, e te stesso, e mamma e papà che sei capace di farlo.

Credetemi: trovare una lamina d'argento in fondo a un pozzo che trabocca fango, beh, questo è del tutto, del tutto, sufficiente per essere
(stra)
fieri
di essere in piedi su questo pianeta.
E fa venire voglia di riprendere subito in mano alla pala, e continuare la ricerca.


Per sempre.