giovedì, giugno 8

Come una coltellata nella spalla

La primavera mi sorprese come una coltellata nella spalla. Uno dei migliori colpi mai sferzati da dio. Ahia, cazzo. La luce non accennava ad andarsene, erano le sette, le otto, le undici, e io volevo essere ovunque, a suonare un pianoforte verticale, a cantare sapendolo fare, e farlo di fronte a un mucchio di gente che non bada a me, volevo, voglio, non ascoltare, non fermarmi, strafarmi d’alcool, correre veloce, sempre di più, fino a incendiarmi, ed in fiamme volare, comprare i vestiti più costosi e pacchiani che trovo, improvvisare un musical con persone che non ho mai visto prima e mai rivedrò, non bendarmi, mai bendarmi, essere ovunque, fare tutto, parlare e anche stare a guardare, voglio prendere per mano una ragazza con una cravatta rossa e in un sospiro gridarle Siamo vivi, è il giorno più bello dell’anno, è iniziata la primavera, non voglio mangiare, non voglio tornare a casa, non voglio dormire, non voglio più dormire, voglio tornare all’età del ferro, all’età primitiva, voglio che tutti parlano con tutti, tutti si picchiano e nessuno si fa male, tutti cantano e intanto ballano, senza musica o con tutte le musiche del mondo, e dell’anima. La primavera mi sorprese come una coltellata nell’anima, cazzo. La bastarda più dolce che abbia mai conosciuto, ti bacia sulla bocca e ti spezza le costole, ti guarda negli occhi e ti stende per sempre, sapore di sangue nella gola e di vino nei polmoni, di musica nelle gambe e di sale e limone sul cuore, ferro e fuoco, poesie, bestemmie, inni sacri. Voglio essere ovunque, nel centro più affollato del centro d’europa, nell’africa più infuocata, in un villaggio d’australia, voglio essere in brasile, in antartide, in riva all’oceano, a casa di mia nonna in campagna, non voglio essere in viaggio ma sentirmi a casa ovunque. Non voglio più tornare a casa. Non voglio più stare da solo, voglio essere nel mezzo preciso della danza dei corpi esaltati dal vino e resi liberi per sempre dalla primavera che li sorprende come una coltellata nella spalla, nello stomaco, negli occhi, e ancora, e ancora, coltellate nelle reni, negli zigomi, nell’anima. Voglio fumare, e che non mi faccia male, ed essere il giocoliere migliore della città. Voglio indossare una maschera bianca. Voglio volare. Però. Bastarda maledetta, perché ti porti dentro sta malinconia, eh stronza che mi significa perché in fondo a sta gioia immensa c’è questo acquarello di nostalgia, maledetta, a che cazzo serve, ahia basta coltellate dai basta che piango sì lo so che lo sto già facendo, era tanto per dire, lo so, non ci riesco a non piangere il primo giorno di primavera. Vaffanculo, io oggi vivrò per sempre.

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