giovedì, marzo 15

Il vitello grasso

Ahem.

(si guarda intorno imbarazzato, tossicchia)

La volete sapere una cosa divertente?

Ma di quelle proprio da ridere, eh!

Eh eh.

Ehm.

Allora, praticamente c’è sto tizio che fa tutta una menata per chiudere il blog, e dopo solo tipo dieci giorni dalla suddetta chiusura, si accorge che – tranne una decisione di tanto tempo prima, anche carina ma presa in un momento completamente diverso e ormai completamente inattuale e portata avanti solo per principio – in realtà non aveva

(ahem)

nessun motivo e nessuna voglia di chiudere.

Ah ah ah.

E dunque sto tizio si dice: ma che, non posso cambiare idea? Col cavolo.

(e tra l’altro, anche se questo mica viene a dirlo a voi, una delle ragioni è che si accorge che gli dispiaceva un po’ rinunciare alla compagnia di voi bastardi incontrati lungo la via).


E dunque...

...rullo di tamburi...

...

...Viva!...

...riapreeeeeeee!

(applausi del pubblico, lacrime di commozione, gli uomini si abbracciano e si danno pacche sulle spalle, i sacerdoti uccidono il vitello grasso, le ragazze si strappano gli abiti e lanciano sul palco reggiseni e mutandine urlando invasate)

(torniamo in prima persona e al mondo reale, va)

Ecco, isnomma, già mi mancava, sto bastardo di blog. Il nome rimane lo stesso, però a traslocare, trasloco, e nickname lo cambio lo stesso perché ne ho trovato (me ne hanno dato) uno fighissimo.

Se vi va, è tutto per voi:

http://ilpivello.splinder.com

martedì, febbraio 27

Viva.

Ehm.
Sa-sa.
Prova? Prova?
Signore e signori,
vi ringrazio di essere intervenuti così numerosi in questa centounesima serata di Viva! che, all'incirca dopo dieci mesi dalla sua nascita, come da copione, chiude.

Sono quasi commosso.
Voi no?
Tu! Laggiù in fondo! Aspetta ad alzarti, ho quasi finito. E non fare tutto quel casino con la sedia. E tu! Abbassa quello striscione con scritto Finalmente, non sei spiritoso. Viva! ha fatto il suo corso, sono molto contento di quello che ci ho scritto e di tutto quello a cui, direttamente e indirettamente, è servito.
Passiamo ai ringraziamenti.

Prima di tutto direi di ringraziare la piattaforma o come cavolo si dice, ovvero blogspot o blogger che sia, per il supporto tecnico per questo viaggio che Viva! è stato.
La seconda persona (in realtà la prima dato che quella precedente tanto "persona" non si può definire, mi sa) è il caro bissa, che mi ha fatto pensare per la prima volta all'idea di aprire un blog.
La terza (o seconda? mi sono già perso...) persona da ringraziare è per forza martina, senza la quale questo blog non avrebbe mai avuto un titolo così bello.
Dopodiché, i frequentatori abituali conosciuti (in testa, annaluce e magi), e quelli sconosciuti, quelli che commentano e quelli non commentano. In particolare, le persone con le quali si è creato in qualche strano modo un "legame", che magari consiste solo nel leggersi reciprocamente e commentarsi ogni tanto ma è una sorta di strano...boh, legame, che comunque fa piacere.
Grazie ai tecnici luci, audio, ai musicisti, ai curatori d'immagine, al mio avvocato, ai costumisti, ai marconisti, ai signori e signore delle pulizie.
Vorrei invitarvi (senza impegno), a lasciare un commento tipo guestbook, anche con scritto solo ciao, soprattutto a chi passava di qui e non ha mai scritto.
Miei cari bastardi,
buona fortuna.



Ci si vede,



Lorenzo

sabato, febbraio 24

L'istinto

Ho appena copiato Viva! in un documento word, che non si sa mai. A parte questo qui, e l'ultimo post, sono 169 pagine. Ora la domanda è: chi se ne frega?

(Mio padre. Parlare un'ora con lui che gioca a mario kart e io guardo, senza mai pensare all'argomento, a cosa dire, tipo Ora parliamo di questo, Ora gli racconto quest'altro. Semplicemente parlare, lasciare le parole fluire. Che poi domani magari è diverso, domani parlare è difficile, è sempre così, ma i momenti senza maschera sono quelli veri, e quando ne vivo - come stasera - ci vuole un bel po' prima di dimenticarmene.)

Premessa: sono tutte cose che probabilmente tutti sanno. Ma scritte nel meraviglioso ed inconfondibile stile di Viva! - vi pare poco, bastardi?
Dunque, tema: oltre la razionalità.
(proviamo a bussare)
Permessoooo.
OMMADONNA mi scusi signor guardiano a tre teste con la bava alla bocca e una scimitarra arrugginita alla cintura, non volevo disturbare, non volevo glielo giuro (che infarto), non mi uccida la prego posso dare solo un'occhiata in giro? Cinque minuti? Graziegraziegrazie. Si può fare dieci? PORCAVACCA non ruggisca, cinque me li farò bastare. E che cavolo. E comunque, in confidenza, sono qui su commissione, per conto di una ragazza che trova su http://sonocomeilfiumechescorre.splinder.com/. Se la prenda pure con lei. Oh, ciao gabri, non ti avevo vista!

Allora allora.
C'è un po' di tutto qui, pare, roba sia migliore che peggiore che "dall'altra parte", se categorie come queste possono servire. Mi vengono in mente, aggettivi ambigui come affascinante (perché inusuale), selvaggio, temporaneo. E "ambiguo" stesso, of course.
Siccome l'argomento si può affrontare da circa un milione di punti di vista, mi limito a considerazioni generali e a due immagini spettacolari che mi sono venute in mente.

Davanti:
a un'idea geniale,
a un raggiro ben organizzato,
al passo su passo e al mattone su mattone che servono per arrivare dal punto di partenza A allo scopo Z superando in qualche modo un alfabeto di ostacoli,
a un giro d'accordi inedito,
a un vestito elegante e sensuale da morire (occhio: anche questo sta nella razionalità: è costruito, scelto):
davanti a ciò ci sentiamo stupiti, ammirati, anche intrigati. Ed è una sensazione che si sviluppa nella testa (si può proprio sentire), senti il cervello che fa tlac-tlac-tlac e comprende ciò che ha davanti (anche inconsciamente), e si compiace di questo. E la bocca si apre di stupore. E possono senz'altro salire brividi.

Invece davanti:
a un espediente inventato in due secondi,
a un inaspettato movimento anche senza scopo,
a una reazione istintiva,
a un a solo inventato nel mezzo del fuoco sacro della creatività,
a uno sguardo che per un istante ci incontra e si ferma una frazione di secondo di troppo (eccola l'irrazionalità, l'inatteso, la partita che non si gioca nel sicuro della stanza mentre ti provi il vestito ma nell'Ignoto della situazione, di un contesto non previsto):
davanti a questo, anche qui brividi, naturalmente. Ma nella pancia, nelle gambe, nel collo. Certe volte ci accorgiamo di essere a muovere la testa selvaggiamente, o a sorridere, o con le braccia o le gambe irrigidite: e questo senz'altro non viene dalla razionalità. Tanto che a volte ce ne accorgiamo minuti dopo.

Penso sia incontestabile la "superiorità" in qualche modo di sensazioni provocate dalla nostra parte incontrollata e non razionale. Ma questa si risveglia raramente. E' una roba fisiologica il fatto che viviamo prevalentemente di razionalità? E' combattibile? E' giusto combatterla? Secondo me / 1: sì, è fisiologica. E sicuramente ci fa sopravvivere, e sicuramente ci fa vivere in un ambiente sociale senza ammazzarci tra noi. Ci aiuta nella conoscenza, non intesa come studio di libri, ma conoscenza in generale, nella vita quotidiana e anche e soprattutto di ciò che per me è più alto di qualsiasi cosa, ovvero del come comportarsi con le altre persone (indistintamente). Ma secondo me / 2: sì, è giusto combatterla. A volte. Nel contesto in cui credo che siamo tutti d'accordo, ovvero rapporti con gli amici, rapporti amorosi, vita quotidiana, scelte quotidiane e qualche scelta di vita, l'istinto deve avere il suo cazzo di posto. Dai, che tristezza se no. Avete presente la sensazione fisica di una persona che nel decidere se baciare o no una persona conosciuta da poco, o se baciare o no l'ex con cui si è mollata da un po' di tempo, o uscire da un ufficio avendo consegnato la domanda per fare ciò che dovrebbe o ciò che sente di fare? E che cavolo.


Passiamo alle due immagini spettacolari.

Prendete una poesia d'amore media, un po' banale. Poi miglioratela, limatela, sgrezzatela, fatela splendere, fate in modo che ogni parola sia al suo posto e sia la più brillante possibile, che la poesia sia musicale, non troppo lunga nè troppo corta, che evochi delle immagini meravigliose, che raggiunga un equilibrio perfetto ma al tempo stesso passionale. Fatto? Ci siete, con questa poesia luminosa, eccezionale e intensa da morire? Ottimo.

E adesso, invece, prendete un bacio, bastardi.

Oppure: prendete un piano. Una vendetta. Precisa, che mira al cuore di colui o colei a cui vogliamo far male, è ben organizzata, è dolce. Costui, o costei, ci ha fatto male come nessun altro prima, ha preso il nostro punto debole e ce l'ha squarciato, e ora noi stiamo per fargliela pagare, ci abbiamo messo settimane, e oggi faremo la piccola mossa iniziale che darà il via a questa revanche spettacolare, tecnicamente infallibile, sorprendente e dolorosa, dopo la quale avremo soddisfazione nel vedere che anche lui o lei è col culo nella merda esattamente come ci siamo stati noi per colpa sua. Fatto? Ci siete, con questa spada affilatissima, velenosa e perfetta? Ottimo.

E adesso, invece, prendete un cazzotto (magari cattivo e sul naso), bastardi.

(oh, non che io sia violento, e neppure vendicativo in realtà, ma mi pareva che l'idea calzasse).

Ecco, lo vedete come, per quanto aggiungiamo, togliamo e cambiamo parole ed espressioni, la poesia non darà mai mai mai MAI MAI la sensazione del bacio? E la vendetta la sensazione fisica e olfattiva di dare un grezzo pugno in faccia?
Ecco.
Tutto qui.

(tutto qui?)

***

Godetevi, se avete tempo da perdere, la lista dei rimanenti post di Viva!, abbinati a coppie come consuetudine.

  • Manca musica / Lo spartito
  • Una serata con lady g / La convivenza con gli olandesi!
  • Sarà uno spettacolo! / Comincia a calare la tela
  • Magritte live in como / Erasmus Tilburg live in Extase
  • La mia etica è appesa al filo della biancheria / Il mio erasmus è appeso alle ultime tre settimane
  • Fettuccine per la mia anima / Pena de l’alma (digressioni poco brillanti sul tema dell’identità)
  • L’aumento / Stasi
  • Attendiamo fiduciosi risposta / (untitled)
  • Che nervoso! / Che strano
  • La luna che / Le lacrime che
  • Sono tornato a casa / …sono tornato a casa
  • Che botta! / Come uma thurman in kill bill
  • La vendita dell’anima di cor veleno / Con l’anima tra i denti
  • Mi sei mancata / Mi sei mancata (reloaded)
  • Bilico! / Tra santi e falsi dei
  • Il problema dei problemi irrisolvibili (e gli spritz) / Il problema dei test irresistibili
  • La leggenda del nobel per la matematica / I canti del ritorno parte I – Il mito e la realtà
  • Con chi / I canti del ritorno parte II – E dove?
  • Viva i ggiovani politicamente impegnati! / I canti del ritorno parte III – Magari nelle favole
  • Delirio # 1 / I canti del ritorno parte IV – Delirio # 4
  • Le amicizie finiscono / I canti del ritorno parte V – L’inizio
  • L’ultimo esame! – Esame dimmerda (che poi sono io che sono un cretino)
  • Scompensi – Giochi di sguardi, giochi di mani
  • Cuscini che volano – L'istinto


Ci vediamo martedì per l'ultimo post.

lunedì, febbraio 19

Giochi di sguardi, giochi di mani

(giochi di sguardi, giochi di mani,
giochi bastardi, siam vicini e siam lontani
lallallà lallallà
lallallallallallallà)

Lo so, ultimamente scrivo raramente. In compenso, scrivo troppo.

Il titolo I canti del ritorno era tratto da Oceano mare, è il nome della terza parte – spiacente ma nessuno ha vinto l’ambito viaggio.


Pronti: via.

Partiamo con due coincidenze.


Vi ricordate la storia del mio orologio? L’orologio che si era fermato la notte che partivo per l’olanda, che nella mia fantasia deviata era diventato un simbolo del tempo che smetteva di scorrere durante l’erasmus? Ecco, insomma, sono entrato nella metafora tanto che, per completarla, qualche giorno dopo che sono tornato l’ho portato a riparare, di modo che il tempo normale riprendesse a scorrere.
Beh, sapete una cosa, bastardi?

Dopo due giorni, si è rotto di nuovo.


Poi. Un tizio che conosco cerca di descrivermi un tipo di dolce, e sostiene che sia composto da uno strato di pandispagna che però non è proprio pandispagna, uno strato di panna che però non è proprio di panna,…insomma, una cosa che pare in un modo e invece è qualcos’altro, e che non si riesce neanche a definire tanto bene. Noi giustamente lo abbiamo pure preso per il culo per sta spiegazione assurda. Ma è senz’altro accattivante il fatto che suddetto dolce si chiami la bresciana.

No?


Allora, si parla di donne.

Sono combattuto tra la voglia di una storia e la consapevolezza di essere attualmente incapace di viverne una seriamente.
Data: la corrente incapacità di concentrarmi su una persona sola. Certo, il timore di lasciarsi andare per una cosa nel terrore di perdersi qualcosa d’altro è frequente nella storia della mia vita, ma in questo momento lo è in particolare. E certo, sono anche cosciente del fatto che tutto questo si risolverà quando e se mi capiterà di innamorarmi. Ma nel frattempo?
Non sono capace di essere disonesto. Fanculo la modestia, è così – e non è solo merito, a volte sono solo graffi o urla di coscienza, e a quelli resistere è impossibile, altro che meriti; arrivo a farmi scrupoli inauditi di cui la controparte magari non si preoccupa o a cui neppure pensa.

Insomma, al di là di qualche complicità, anche di qualche accadimento, insomma di qualche qualcosa, se so che il rinunciare sarebbe da stupidi e che l’insistere sarebbe disonesto, la parte problematica è che la via di mezzo spontanea, la cosiddetta scopamicizia (non vi piace sta parola? neanche a me, accetto suggerimenti), anche questa mi crea problemi morali, e (ecco la cosa stupida) più per lei che per me, nel senso che voglio evitare di prendere per il culo al punto tale che potrei mollare il colpo anche se magari a lei la via di mezzo starebbe bene, solo perché non lo capisco o per frettolosità dettata da questo eccesso di zelo. Ora, una volta messe le cose in chiaro verbalmente e per quanto possibile comportamentalmente (dove però il rischio di ambiguità è più alto), sono cosciente che se lei vuole mal interpretare saranno pure fatti suoi, ma mi riesce difficile lo stesso.

E
cco, c’è poi da tenere presente pure che ste storie, tali, pseudotali e potenziali tali non mi succedono quasi mai con persone del tutto esterne alla mia vita normale o alle mie amicizie, mettendo così dentro una serie di fattori per cui a volte sembra non valga la pena mettere a rischio un rapporto di qualche tipo (amicizia, convivenza, coteatranza, altre relazioni – tipo: una tipa che piace già a un mio amico). Cioè, è quasi del tutto assente il personaggio Tipa Che Conosco Più O Meno Per Caso E Che Pure Se Va Male Chi Se Ne Frega (di cui invece è esempio la tipa del treno dell’anno scorso, cha magari i lettori più appassionati ricorderanno, anche se lì sono stato scemo per altri motivi, vabbè).
Che palle.
E su tutto questo, il dubbio neanche tanto vago che tutto ciò che ho scritto e che rappresenta i miei pensieri circa ogni volta che una tipa mi piace, piaciucchia o che come si suol dire succede qualcosa, ecco, che tutto ciò sia del tutto o in parte un cumulo di seghe mentali che non è necessario farsi in nome di qualcosa che la maggior parte degli umani vive in maniera molto più semplice (ma è poi vero?).


Riassumendo: sono ora portato più che a una storia a un rapporto irregolare e senza legami che non escluda la contemporanea amicizia (l’idea non è animale come potrebbe sembrare: può tranquillamente implicare complicità, coccole eccetera, anzi, sarebbe forse la cosa che più vorrei), con ovviamente opzione di evolvere ma che abbia come condizione necessaria la non necessarietà di un legame.
(oh vabbè ci sarà chi ha problemi più gravi, mi rendo conto, ma io questo ho da offrire. O qualcuno magari ha il problema opposto, di riuscire a fare una storia seria piuttosto che una a metà. O qualcuno magari si domanda: e quindi? E quindi niente, volevo solo rendervi partecipi, bastardi. E chiarirmi un po' le idee pure io)
Uff.

Sì dai diciamocelo, in realtà tutta sta storia altro non è che una proposta implicita e viscida per le lettrici di questo blog. Ecco, vedi, sono partito che scrivevo per me stesso e sono finito come i più biechi utenti di comunità d’incontri che passano a lasciare commenti del tipo Ciaoooooo bellissimaaaaa, passa da mio blog, un bacioneeeee o roba del genere. Che tristezza.

In chiusura (relativamente), una canzone di de gregori. Non è mia abitudine riportarne, ma questa ha un testo veramente da paura, a parte il ritornello demente. Comunque sia, si chiama Viaggi e miraggi.

Dietro un miraggio c’è sempre un miraggio da considerare
[eh?]

come del resto alla fine di un viaggio, c’è sempre un viaggio da ricominciare

[questa invece Ora e Qui mi calza da dio]

Bella ragazza, begli occhi e bel cuore, bello sguardo da incrociare

[e che sguardo]

sarebbe bello una sera doverti riaccompagnare

[anche inventandosi un’idiozia tipo Devo proprio andare da quelle parti, pure se in realtà è a chilometri da dove devi effettivamente andare, in puro stile maragoni]

Accompagnarti per certi angoli del presente,

che fortunatamente diventeranno curve nella memoria

quando domani ci accorgeremo che non ritorna mai più niente

[allacciate le cinture…]

ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria

[ma che spettacolo!!]

[cfr. anche cristina donà - “la bellezza di questa giornata è che non tornerà indietro”]

[e io, dopo tanto allenarmi, ci riesco, bastardi cari e cani…e, in questo gioco di richiami continui che mi rendo conto è diventato Viva! ultimamente, non posso evitare di nominare ancora una volta la mia idea di destino o di quello che sia, che molto fa accettare per quello che è stato e per quanto possibile butta fuori a calci il rimpianto]

Perciò partiamo, partiamo, che il tempo è tutto da bere

e non guardiamo in faccia a nessuno, e nessuno ci guarderà

Beviamo tutto, sentiamo il gusto del fondo del bicchiere

e partiamo, partiamo, non vedi che siamo…partiti già

[ritornello]

Dietro un miraggio c’è sempre un miraggio da desiderare

[ehm…]

come del resto alla fine di un viaggio, c’è sempre un letto da ricordare.

Bella ragazza, ma chi l’ha detto che non si deve provare

ma chi l’ha detto che non si deve provare a provare

[e questo può riassumere un po’ tutto il post]

Così partiamo, partiamo che il tempo potrebbe impazzire

e questa pioggia da un momento all’altro potrebbe smettere di venir giù

E non avremmo più scuse allora per non voler uscire,

ma che bel sole, ma che bel giallo, ma che bel blu

[questa non l’ho capita proprio: ma vuole uscire oppure no? Quale delle due vede come preferibile e cosa rappresentano?


Ma forse volevo chiedere: Che ore sono?]

Perciò pedala pedala che il tempo potrebbe passare

e questa pioggia paradossalmente potrebbe non finire mai

e noi con questo ombrelluccio bucato, che ci potremmo inventare

[ok mi sono perso definitivamente]

ma partiamo, partiamo, non vedi che siamo…partiti ormai

[ritornello]

[del quale però va per forza citata:]

…venezia, che sogna e si bagna sui suoi canali…

[e credete a me, che passeggiare anche se per sbaglio mano nella mano con la donna che vi piace ha tutto un altro sapore – sui ponti – tra le maschere – le musiche – e i nomi da paura delle calli, delle corti e dei sottoporteghi]


Fine.

Il prossimo è il penultimo post. Quindi, lascio a voi il tema. Domandatemi quel cavolo che vi pare bastardi, proponetemi un argomento, e io scrivo. O, nell’ipotesi altamente irrealistica (risate) che a nessuno freghi niente, mi sa che vi toccherà un raccontino della vacanza a parigi prevista per la prossima settimana con gli ex-colleghi d’erasmus.

Statemi bene. O sfruttate il male. Di nuovo qui, obi-wan kenobi?

lunedì, febbraio 12

Esame dimmerda (che poi sono io che sono un cretino)

Ho appena realizzato che oggi è il dodici febbraio.
Quindi il dodici febbraio non è domani.
E' oggi.
Domani è tredici.
Perché non so mai che giorno è?
Perché non mi compro un'agenda?


Perché avevo un esame tra l'altro importante e per cui studio da una settimana il dodici febbraio alle nove e mezza?
E il prossimo appello è a giugno?


Detto questo (intervallato a bestemmie che pronuncio sottovoce mentre scrivo ma evito di riportare):

sto facendo amicizia con i coinqulini, che si stanno rivelando all'altezza di voci e leggende sulla Casa delle Palme, uscire con loro vuol dire incontrare personaggi spettacolari e vuol dire che la serata non è programmata e ti potrà portare dio sa dove. E dato che possiamo ragionevolmente supporre che dio non esista, figuratevi.
Un sacco di feste, conoscenza di gente nuova, eccetera.

Immagino di non riuscire a trasmettervi chi sa che entusiasmo, dato che c'è questa questione dell'esame per cui naturalmente sono incazzato come una iena incazzata e che - per quanto so che a voi bastardi è venuto in mente - non è conseguenbza del mio stile di vita diciamo non proprio regolare - perché io - zio caro - ero preparato per sto cazzo di esame. E' solo che quando ho guardato la data, due settimane fa, ho deciso che il dodici era di martedì, e da allora non ho più controllato.
Coglione.



Aaaagh.
Vabbè, la chiudo. Non riuscirei a scrivere nulla di più sensato, temo.



Avete suggerimenti economici ma ganzi per un costume di carnevale?

giovedì, febbraio 8

I canti del ritorno parte V - L'inizio

[e beccatevi sta cosa alternativissima - oh yeah - di chiamare l'ultima parte L'inizio, bastardi]

Eh già, bastardi. Alla facciaccia vostra, io lo so.

Ahem. E’ da un po’ che ho avuto quest’illuminazione, e nel frattempo mi sono pure reso conto che forse era una cosa ovvia, in realtà. Però che volete, per me non lo era. Tenete presente che io sono quello che verso la fine del film me ne esco con Ah ho capito tutto questo è il figlio di quest’altro e gli altri mi guardano compassionevoli e mi fanno presente che il fatto era palese da almeno mezz’ora. Ecco, ho i miei tempi, diciamo.

E dopo aver messo le mani avanti bene bene, si procede al racconto vero.

Allora, a me l’erasmus non manca. E non è solo questione di autoconvincimento, è proprio così. Addirittura, sto giudicando la decisione di non avere esteso al secondo semestre come incredibilmente saggia e illuminata. E in questo c’entra tutto quello che avete letto recentemente, tutto il bello e il buono che ho trovato e ritrovato qui in patria, unito ad una serie di considerazioni su me stesso.

Ovvero, sono tornate fuori certi angoli di me, che ai tempi d’oro erano non solo – come si suol dire – sfaccettature, ma grossi e grassi assi portanti della mia persona e personalità. Ironia, per esempio, voglia di fare, brillantezza. Più una serie di cosette nuove niente male. E’ come se mi avessero lucidato con la cera. Come se erasmo avesse preso la spugna dalla parte ruvida, si fosse tirato su le maniche della camicia e avesse preso a sputarmi addosso e a raschiare. Raschiando via pigrizia materiale e pigrizia di lavorare su se stessi, la scarsa volontà di interessarsi, di incuriosirsi, di conoscere il nuovo e di mettere qualcosa di diverso nell’usuale, di cercare una battuta per divertire, di cercare l’osservazione ironica al posto di quella normale. Ovviamente, non sono io che devo giudicare se ci riesco, ma da adesso ho senz’altro ho la voglia di farlo. E scusate se è poco, bastardi.

E poi: non ho più paura delle idee, di risolvere (in parte) il conflitto per me assai problematico tra ciò che sono e ciò che dovrei per la nostra società essere, erasmo mi ha insegnato a prenderla più alla leggera, ecco – questo vale per un sacco di cose – il prenderle non troppo sul serio. Credo in quello che dico, più di prima, in quello che penso. Alcune persone forse hanno il problema opposto: idee troppo salde e poco modificabili. Le mie forse invece lo erano troppo; adesso invece, ci credo un po’ di più.

E poi: è più facile con le donne. Tutto, intendo. Non parlo di riuscire ad andare a letto con una, e neppure di costruirsi una storia. Semplicemente, il pensiero di ciò che può venire fuori quando incontro una che mi può piacere (oppure no). E’ tutto più semplice: voglio uscirci – le scrivo; voglio baciarla – la bacio (poi sta a lei, of course). E se penso che mi piaci ma non sei la persona per me, lascio stare. E’ tutto più semplice. E’ una declinazione di quanto detto sopra: prendere le cose alla leggera.

Ecco, sono brillante, sono sveglio.

La rinascita attesa (tanto attesa) e di cui si parlava tempo fa non è riuscita ad arrivare per volontà, è dovuto succedere qualcosa dall’esterno. Un erasmus, per esempio. E vabbè, sticazzi.

Che io (e qui finalmente il cuore della questione) pensavo che l’erasmus avesse un fine in sé, che servisse a scoprire delle cose, ma cose fuori da me, mi potevo aspettare che mi facesse capire che non voglio passare la mia vita in italia, o come essere più indipendente dentro e fuori, o altre cose che includessero comunque un concetto di cambiamento e di evoluzione, con una traiettoria se non netta almeno specificata, una crescita da qualche parte.

E invece.

E invece l’erasmus è stato uno strano passo di danza, contemporaneamente in avanti e all’indietro.

Indietro: tornare a “un certo me” che avevo quasi dimenticato e che non ero neanche così interessato a riscoprire, convinto di avere ormai preso altre vie, e convinto che il cambiamento che attraverso ogni anno e ogni giorno mi avrebbe portato da qualche parte diversa qualitativamente da ciò che ero. E invece l’ho riscoperto, e cazzo se mi piace.

Avanti: rispolverarlo, metti la cera, togli la cera, raschia a sangue e lascialo venire a galla.

Padova è il posto che fa per me, adesso. I miei luoghi, le piazze e le strade, i bar e l’università, il prato e le case degli amici. La mia acqua, lo spritz. I miei amici, questi. Ripartirò, non c’è dubbio, ma ora questo è il mio ora, e adesso questo è il mio adesso.

E il significato è svelato:

sono partito

per tornare.

E restare, cambiato come sono.

E quel bastardo di erasmo ha fatto tutto di nascosto, confondendomi le tracce e costringendomi per sua stessa natura a viverlo alla giornata, senza idea del perché – come dicevano tutti – avrebbe dovuto cambiarmi la vita. Quindi all’inizio torno in patria con la sensazione dell’esperienza stupenda ma anche, fondamentalmente, fine a se stessa, dalla quale trarre insegnamenti soprattutto pratici e comunque a livello cosciente, cose da applicare razionalmente. E invece, quel bastardo ha fatto tutto da solo: zitto zitto, mi ha cambiato senza che me ne accorgessi. E adesso me la scialo in questo - quanto mi piace dirlo - nuovo inizio.

Gli diciamo grazie, a erasmo?

Ma sì, bastardi.

Grazie, erà.

sabato, febbraio 3

I canti del ritorno parte IV - Delirio # 4

[sarà un po' delirante, temo - è stato scritto quella sera stessa. Se avete notato, bastardi, nel titolo ci sono due 4. Dai, stavolta concedo che sia una coincidenza. Ah, è la penultima puntata dei canti del ritorno, giuro. (a proposito, SENZA GOOGLE, chi sa da dove viene il titolo? Primo premio un soggiorno a padova - o a terni, se proprio volete). E dopo questa puntata, tutti pronti per il gran finale]

…che questa contentezza diventa irresistibile, intrattenibile, e vorresti avere un modo per esprimerla, chissà se esiste, tipo urlare o piangere o ridere pregare o ringraziare qualcuno o qualcosa, magari combinate, tipo o pregare urlando o ringraziare piangendo e ridendo, e io che sono qui e non ho mai saputo pregare, che non riesco ad urlare e mi domando fondamentalmente chi è che dovrei ringraziare non riesco a fare di meglio che sentire sta potenza dentro di me che pulsa e si trasforma in qualcosa tipo energia cinetica, per forza, insomma lo dovrà pure trovare un modo per venire fuori, energia che ti porta a fare un giro larghissimo e inutile con la bici prima di rientrare a casa per il puro gusto di farlo, di cantare – questo sì – a gola spalancata una canzone qualsiasi, di sentire la effe e elle i ci i ti à che ti scorre in vene e arterie e pompa nel cuore. Fanculo.

E’ troppa, cavolo, tanta da avere l’urgenza di farci qualcosa – chi sa se mi faccio capire, qui – tanta da sentirsi smarrito, da mettersi a pensare a un qualcosa qualsiasi di negativo, a un problema pratico, e se non ce l’ho inventarmelo, di tornare con i piedi per terra - sarà paura dei sentimenti, sarà disabitudine a una contentezza così sfacciata, che mi fa (come posso dire?) preoccupare.
Oh, intendiamoci, non sarà tutto merito di sta serata, probabilmente ci staranno un sacco di altri fattori, ma chi se ne frega. Quello che sento now and here è questa urgenza di fare qualcosa con questa felicità, e la consapevolezza che mi servirebbero modi credo non propri di questo mondo.

Tipo dirlo a tutti – a tutti.

O tipo volare.

O tipo morire di felicità.


[torniamo al presente]

Ecco, questo è quello che mi sta regalando la vita quotidiana, recentemente. E anche io, mi sento cambiato dentro. Ed è stato così, che dopo una conversazione quasi casuale, bastardi, che io








ho scoperto il significato del mio erasmus.