venerdì, maggio 19

Magritte live in como

(questa è la dimostrazione che il blog lo scrivo per me: voglio vedere chi riesce ad arrivare a leggere fino in fondo)

Che spettacolo, bastardi!
Sono stato a vedere la mostra di magritte a como!
Nell'eccellente compagnia di giakkia e teresa.
Tralasciando le tragicomiche difficoltà organizzative e i soldi che abbiamo buttato via per il treno, volevo raccontarvi la faccenda in sé. Perché io di arte sono ignorante come una capra, spesso non vado oltre il semplice lato estetico-emozionale per pigrizia (mancanza di informazione e di voglia di informarsi) e in altri casi, diciamocelo pure, perché non ho facoltà intellettive sufficienti per entrare in contatto con ciò che l'artista vuole esprimere.
Invece grazie alla cara terry e alla sua monografia che tralasciamo come se l'è procurata, prima di entrare mi ero fatto un'idea anche di quello che ci stava dietro, all'arte di questo tizio che già comunque adoravo (uomini con la bombetta, rocce sospese nel cielo, foglie che diventano uccelli). Inoltre, la mostra era organizzata molto bene, e pannelli con citazioni da magritte stesso aiutavano parecchio la comprensione di noi profani. Quindi ho scoperto che quello che a prima vista poteva sembrare a chiunque un simbolismo (candele, chiavi, anelli, uccelli, sfere) in realtà non lo era. Erano solo oggetti. Nulla più di quello che si vedeva (e questo tra l'altro fa tornare all'inizio, al mio modo prediletto di attingere alla pittura, ovvero in modo intuitivo-empatico e meno tecnico/esplicativo). In realtà questo è inesatto, ma già il fatto che non ci fossero significati più o meno accessibili dietro mi faceva vedere un tipo di pittura sostanzialmente nuova per quella che tradizionalmente è conosciuta (compresa, in verità soprattutto, quella contemporanea, oltre che quella religiosa antica eccetera). E poi c'è un interessante passo in più che grazie a libro e spiegazioni (e nonostante fossimo perseguitati da 3-4 scolaresche delle elementari, figuratevi!) mi è parso di capire:

allora, monsieur magritte aveva un pensiero. Un'idea. Voleva rappresentarla. Ma: a differenza di un pittore astratto, o cubista, per cui l'ignoto (il pensiero, non rappresentabile perfettamente) viene rappresentato in modo altrettanto ignoto (linee, colori, luci), ma anche a differenza di ogni altra corrente, che nella forma mette sempre comunque parte del significato (tipo espressionisti, ma anche impressionisti, ma anche caravaggio e chiunque altro), lui decide di usare gli oggetti e lo stile della realtà. E' un realista, nel senso pieno del termine, pur essendo un sur-realista. Nelle sue opere più riuscite (almeno, secondo questo particolare percorso), alberi, bicchieri, bottiglie, colombe, non sono trattati con uno stile particolare, sono solo riprodotti. Ciò che è ammesso, nel "gioco" di magritte, è che questi cambino forme, collocazioni, rapporti con gli altri oggetti: bicchieri grandi come nuvole, oggetti per metà bottiglia e per metà carota, foglie come alberi e alberi come foglie. Ma tutto in modo realistico. E in questo modo, magritte cerca di farci arrivare, di renderci, il suo pensiero iniziale, cercando la nostra empatia. E per me è molto emozionante.

E' come se lui usasse strumenti mai usati prima per descrivere temi da sempre presenti nell'arte e nel pensiero, ma il risultato non è distorto, è solo in qualche modo nuovo (e inevitabilmente spiazzante): è come se dicessi a una persona: visualizza cosa stai pensando, e disegnalo. Solo che, invece di dargli un foglio e una penna, gli dai una valigetta piena di oggetti. Gli dai il potere di cambiarne le dimensioni, ma niente di più. E lui, in questo modo strano, accostando finestre e cavalli, pezzi degli scacchi e alberi, deve renderti il suo pensiero. Questo gioco mi ha affascinato da morire.

Da quanto ho capito, la faccenda non si ferma qui, dietro c'è dell'altro, il fatto di utilizzare questa tecnica che tiene insieme rappresentazione e mistero come strumento proprio per conoscere la realtà, per non parlare degli assurdi titoli delle opere, slegati spesso del tutto dall'immagine, ma in un certo senso "poetici", ma non ho capito del tutto, e per questa volta, per questa mostra, il mio cervello è stato messo alla prova abbastanza.

Scappo.
Se avete tempo da perdere, cercatevi su internet un po' di immagini...c'è da dire però che di tutta la produzione (soprattutto della fase iniziale quando non sapeva bene che verso prendere, o del provocatorio periodo "vache") non tutto è della stessa qualità, a mio molto modesto avviso...quindi, c'è da cercare un po'. Vi consiglio comunque di guardarvi almeno L'impero delle luci (paesaggio notturno sotto cielo diurno), il famoso La fata ignorante (con la candela che fa ombra...), o l'insuperabile Golconda!

Au revoir, bastardi!
(e grazie a chi è riuscito a leggere tutto senza addormentarsi)

2 commenti:

Stefano ha detto...

PREGO!!! ronff Eh? Come? Stavo russando? Scusi, non lo faccio più.. No, la prego, non mi faccia uscire dai lab, mi serve internet!! Ok, giuro che non russo più...
ronff
Ok, fine siparietto, invece non è per nulla soporifero quello che hai scritto, ho capito quello che volevi dire, bravo, bravo. Non dico di più perché in arte sono ignorante molto più di te, quindi ora vado a cercarmi con goooooooogle qualcosa di Magritte.
Ma che musica fa?
Golconda, golconda! La grande baraonda!

Anonimo ha detto...

mi hai sfidato?????e io sono arrivata alla fine...nonostante la fame visto che,da donna do mondo quale sono,non ho ancora pranzato...anche a me Magritte è piaciuto da morire,meraviglioso l'impero delle luci e Dieu n'est pas un saint..è stata una giornata fantastica!!!...magari la prossima volta evitiamo di comprare i biglietti in offerta,ok??bacio...ciao bastardo