lunedì, agosto 14

La carne con le mani

Questo post ce l'ho pronto da un po', ma aspettava il momento giusto per entrare in scena. E il suo momento è adesso arrivato, nel percorso di Viva!. Ora lo finisco e poi pappatevelo (senza posate, naturalmente).

Ne parliamo di sto benedetto parkour?
Sì, dai.
Parkour: girare per la città, preferibilmente di notte, saltando, correndo, arrampicandosi su quanto possibile, dando carta bianca alla fantasia e con gli unici vincoli delle proprie possibilità fisiche (comunque da sforzare e sfidare, volendo) e della legge italiana. In altre parole, interagire con la città e con le sue architetture, dalle panchine e dai lampioni fino ai terrazzi e alle impalcature, dalle scale ai muretti. E' divertimento, e libertà: libertà molto maggiore di quella che ci concediamo generalmente, dove già una persona che salta su un gradino ci colpisce perché è inusuale. E' il fatto di farlo di notte (il che non è necessario, soprattutto se vuoi "imparare" a farlo, ma se vuoi prenderlo semplicemente come momento di diversità dalla cosiddetta-vita-di-tutti-i-giorni, che è come lo intendo io) rende mezzi banditi e mezzi bambini, e fa decisamente gioco.
Non mi va di dirvi di andare su google e cercare video di parkour perché trovate gente bravissima eccetera eccetera ma non è tanto lo stile che mi interessa comunicarvi, quanto le sensazioni che può dare una sana serata di salti e zompi per le vie. Ergo, vi invito piuttosto a chiamare due persone e provare.
E per invogliarvi (?), vi racconto com'è una serata-tipo (almeno, delle nostre): ritrovo a mezzanotte a casa mia, sempre in tre (io bissa e un terzo elemento variabile); litro di vino per sciogliersi un po' e seguente abbigliamento: tuta intera (più tardi si suda, ma d'autunno è indispensabile), meglio se con cappuccio o cappello con visiera (più decorativo che altro, ma magari può risultare utile essere non proprio riconoscibilissimi...). Dopo una mezz'ora -un'ora, si scende in strada e si parte. Come? Come Ci Pare. Corsetta leggera, saltino di una (come cavolo si chiamano quelle cose metalliche che dividono i marciapiedi dalla strada? Ringhiere?), giro di un lampione, equilibrismi vari e stupidi (sottolineo che facciamo robe estremamente semplici, l'importante è lo spirito!), poi si prova magari a fare due-tre passi di seguito su un muro, e iniziano le prime sfide: del tipo Io l'ho fatto, ora tocca a voi!. Ci si infila nelle gallerie del centro, si saltano scalinate (chi va più lontano?), si scalano impalcature, si scappa quando si affacciano urlando i vecchiotti inferociti (giustamente) dal fatto che dei cretini alle tre di notte gli mettano i piedi sui muri di casa. Un po' di sana adrenalina ci sta tutta. Facce indifferenti quando si incrocia la municipale (non ho ancora capito se sta roba sia effettivamente legale o no...), magari mettendo via i mezzi guanti che fanno parte anche loro dell'abbigliamento (che ci fanno tre persone con tuta e mezzi guanti in giro alle tre di notte?, si domanderanno forse gli sbirri), e poi corse varie, inseguimenti, in certi casi duelli (tipo: con le riviste di annunci immobiliari gratuite che si trovano per la via), fino a ritrovarsi distrutti (non sembra, ma è sfiancante, dopo un po') e dall'altra parte della città. Si inizia allora il ritorno, con ritmi mooolto più tranquilli, ripigliando normalità.

La mattina dopo, freschi come le rose.

Per chiudere, il parkour è (per me):
vivere l'ambiente solito, ma con gesti diversi.
Tipo (figuratevelo!) mangiare la carne con le mani, come scrivevo qui un po' di tempo fa: un'abitudine, ma compiuta con uno stile diverso, in modo più primitivo e bambino e con la leggera eccitazione del "fare una cosa che di solito non si fa" (e che si è in pochi a fare).
E' prendersi (riscoprire) libertà.
E divertirsi.

Fine della pubblicità del parkour.
Provateci, se avete coraggio!

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